Verona, fiamme e fuoco in carcere

Riccardo Fraddosio

Fiamme all’interno del carcere di Verona, divampate a seguito delle proteste di un gruppo di detenuti (prevalentemente nordafricani, ma non solo) che hanno dato fuoco alla cella nella quale erano reclusi.  13 appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere scaligero sono stati portati in ospedale per le intossicazioni conseguenti al fumo sprigionato dall’incendio, e 2 in particolare sarebbero in serie condizioni. La denuncia è del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

Spiega il Segretario Generale SAPPE Donato CAPECE: “Quel che accade all’interno del carcere di Verona è inquietante ed i numeri sono quelli  di un fenomeno che, alimentato dall’effetto emulativo, ha ormai assunto le proporzioni dell’emergenza, sintomatico di una disorganizzazione generale nella guida dell’Istituto di pena veronese per il quale rinnoviamo la richiesta di avvicendare il direttore attualmente in servizio. Già sabato sera c’erano stati i primi segnali di tensione detentiva, con molti detenuti che hanno minacciato i poliziotti penitenziari con lamette ed altri oggetti atti ad offendere, ostinandosi a non volere entrare in cella sembra per protesta. Oggi, poi, gli stessi detenuti protagonisti delle gravi proteste sabato sera si sono resi responsabili di un gravissimo episodio, che avrebbe potuto conseguenze ancora più gravi di quel che ha avuto. I detenuti hanno dato fuoco a quel che avevano in cella e questo ha determinato fuoco, panico, fumo e pericolo, con 13 poliziotti penitenziari portati in ospedale. Un episodio gravissimo, sintomatico di una tensione detentiva a Verona che noi denunciamo da tempo!”.

Il SAPPE tira un sospiro di sollievo “per l’ennesima tragedia evitata dal coraggio e dalla professionalità degli uomini del Reparto di Polizia penitenziaria di Verona” ma solleva dubbi sull’Amministrazione penitenziaria regionale e locale per la “sempre più confusionaria politica di gestione e organizzazione nel Veneto. Amministrazione, il provveditore regionale Enrico Sbriglia ed il direttore del carcere di Verona Maria Grazia Bregoli, che si preoccupa di organizzare convegni anziché preoccuparsi seriamente di dotare la Polizia Penitenziaria, che lavora nella prima linea delle sezioni detentive, degli strumenti idonei a fronteggiare una operatività quotidiana fatta di stress ed eventi critici. Per questo, ad avviso del SAPPE, entrambi andrebbero avvicendati nei loro incarichi”.

Giovanni Vona, segretario nazionale per il Triveneto del SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, sottolinea che “alla data del 31 marzo scorso erano detenute a Verona 608 persone (2.484 erano quelle complessivamente presenti nelle carceri del Venetto). Negli ultimi dodici mesi del 2014, nel penitenziario scaligero, si sono contati ben 32 tentati suicidi di detenuti, sventati in tempo dai poliziotti, 169 atti di autolesionismo, 181 colluttazioni e 44 ferimenti. Questi numeri sono il sintomo di una disorganizzazione generale, in primis dell’organizzazione del lavoro e della quotidianità penitenziaria, che vede responsabili proprio il Direttore del carcere. E’ ora di avvicendare i vertici del carcere di Verona, che evidentemente si limitano a gestire l’ordinario senza alcuna innovazione tale da migliorare le condizioni di vita dei detenuti e quelle di lavoro dei poliziotti penitenziari. Per fortuna delle Istituzioni, gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio in carcere a Verona con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità, pur in un contesto assai complicato per il ripetersi di eventi critici. Ma non si può lasciare solamente al sacrificio e alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria la gestione delle carceri veronesi e venete in generale”.