Wildix è la prima a portare la realtà virtuale nelle Unified Communications

redazione

Migliorare le condizioni di lavoro per avere, come riflesso, un aumento di produttività e una maggiore efficienza nelle aziende – ma anche condizioni lavorative più salutari e flessibili per i lavoratori – è da sempre il motore che ispira Wildix nella sua ricerca e sperimentazione. E da oggi non sarà più un sogno.
La tecnologia sta cambiando radicalmente il nostro modo di lavorare e la realtà virtuale è più reale di quanto crediamo, non solo nell’ambito dell’entertainment, ma anche nel comparto business.
Pensiamo, ad esempio, a come la postazione fisica al desk del PC possa essere rivoluzionata tramite questa tecnologia.

“Immaginiamo un posto di lavoro tridimensionale, in cui l’operatore compie azioni aerobiche nella sua attività lavorativa, da in piedi o da seduto”, commenta Stefano Osler, CEO di Acronis.

E sono davvero molti i lavori, dai call center agli impiegati, ma anche i manager e le segretarie,
costretti per ore seduti fermi davanti alla scrivania, con lo sguardo puntato sul monitor e la mano incollata al mouse, impegnati in continue call o chiamate in entrata.

Da queste riflessioni è nata la rivoluzionaria idea di connettere il casco 3D di realtà virtuale al software di Collaboration di Wildix, grazie all’utilizzo di WebGL, una libreria grafica che fornisce un’API di grafica 3D per i browser web.

Indossando il casco, l’operatore “entra” letteralmente nel sistema di comunicazione e può gestire le chiamate in ingresso e i trasferimenti con semplici movimenti di braccia.

Un esempio?
Lo spiega Dimitri Osler, CTO di Wildix: “Abbiamo associato alle operazioni più frequenti quei movimenti in grado di portare benefici agli arti e all’apparato scheletrico. L’obiettivo è quello di unire, in una specie di Tai Chi semplificato, produttività e allenamento muscolare. Ad esempio, se arriva una chiamata, l’operatore può allungare il braccio davanti a sé e portarlo verso il petto, per trasferire una chiamata attiva, mentre farà un movimento da sinistra a destra, dopo aver selezionato il collega. Oppure se arriva una chiamata (una sfera) l’operatore può afferrarla e tirarla a sé per rispondere e, sempre con i movimenti di braccia e mani, può scorrere la lista dei colleghi e attivare quello a cui trasferire la chiamata”.

L’esperienza è quindi davvero a 360° e totalmente immersiva.
Le icone dello stato di presenza dei colleghi si trasformano in veri e propri oggetti tridimensionali con cui sarà possibile interagire in diverse modalità. Le rubriche si scorreranno muovendo la mano, i messaggi di testo si scriveranno grazie a una tastiera virtuale completamente personalizzabile.

Per evitare un’eccessiva esposizione dell’operatore alla realtà virtuale, il dispositivo imporrà delle pause. I lavoratori possono, così, alternare l’esperienza Virtual 3D con quella desktop per compiere dell’attività fisica, seppure minima, che porti benefici di salute.

Un altro risultato misurabile è il fattore velocità. Si dimezza, infatti, il tempo impiegato per ogni singola operazione, poiché il gesto è interpretato simultaneamente dal sistema, per la mancanza di intermediari fisici che rallentano la trasmissione del comando (mouse, tastiera.).

Il centro di ricerca e sviluppo di Wildix di Odessa sta inoltre studiando di inserire anche un ingrediente ludico (opzionale) nell’interfaccia della Collaboration 3D.

“Potrà essere una gara a chi risponde più velocemente, o una serie di punteggi ottenuti grazie all’abilità nella gestione di determinate operazioni; crediamo che qualche nota di leggerezza e svago possa rendere un po’ meno ‘alienante’ il lavoro di un lavoratore, ad esempio di un operatore di call center”, commenta Dimitri Osler:

“Avete presente il film Minority Report? Il film in cui, in un lontano futuro, il capitano di polizia John Anderton, per analizzare i propri file muove con le mani (e l’aiuto di un guanto speciale) delle proiezioni su uno schermo virtuale. Il casco 3D applicato alle Unified Communication sarà la prima versione di quel futuro che si fa sempre più vicino”, conclude Stefano Osler.