Difesa, a rischio 23mila militari

Paola Fusco

Potrebbero deporre le armi e tornarsene a casa i volontari di truppa in missione in Afghanistan, Libano, Iraq, Albania, Balcani, e nelle altre zone calde del mondo. Ventitremila soldati di età compresa tra i 25 e i 30 anni, in parte sposati e con prole, a cui lo Stato potrebbe dare il benservito con la riduzione del bilancio della Difesa. I tagli sono cominciati con la Finanziaria del 2007 (risorse abbattute del 18%), sono leggermente diminuiti nel 2008 e hanno ripreso quota nel 2009 (nell’anno in corso c’è un ulteriore taglio del 7%). Ma la previsione per il 2010 parla di un abbattimento di risorse del 40%, che renderebbe la riduzione di organico la sola via d’uscita. Oggi le Forze armate italiane si sono date un modello “snello” che prevede 190.000 militari a regime, ma questi numeri non bastano già più, bisogna arrivare a 140.000. Almeno questo è ciò che è scritto nella “Nota preliminare relativa allo stato di previsione di spesa per l’esercizio finanziario del 2009”. Dei 140.000 uomini, solo 41.000 sarebbero i volontari in servizio permanente. Dunque, i conti son presto fatti: oggi abbiamo circa 39.000 volontari “di carriera”, per arrivare a 41.000 ne mancano duemila. Questi duemila li andremo a prendere nel serbatoio dei nostri VFP4 (Volontari in ferma prefissata, sono circa 17.000) e dei loro “fratelli maggiori”, i cosiddetti Volontari in ferma breve (che sono quasi 8.000). Diciassettemila più ottomila fa venticinquemila. Meno duemila, fa ventitremila, che è giusto la cifra in esubero. Il generale Domenico Rossi, presidente del Cocer Interforze, chiede specifiche norme di tutela del personale, se i livelli di bilancio non dovessero consentire l’immissione di personale nel servizio permanente. Ai ragazzi e alle ragazze arruolati infatti era stato promesso che, a fine ferma, non sarebbero rimasti disoccupati ma sarebbero state create per loro delle “corsie preferenziali” per entrare negli organici delle Forze dell’Ordine.