Gdf: Prato: caporalato, reati fiscali, smaltimento abusivo di rifiuti e adulterazione di prodotti alimentari

Emidio Lasco

Era partita come una delle tante indagini che la Guardia di Finanza conduce nelle zone agricole del Paese per smascherare attività di “caporalato” commesse ai danni di immigrati e profughi extracomunitari bisognosi di lavorare, nonché tutelare le imprese sane che invece si avvalgono di manodopera regolare, ed invece si sono trovati di fronte a un ben organizzato sodalizio criminale che, oltre ad essere attivo nel reclutare forza-lavoro “in nero” e sottopagata, si è reso responsabile di truffa aggrava per il conseguimento di erogazioni pubbliche, interramento di rifiuti speciali, emissione di fatture false nonché frode in esercizio del commercio.

A finire nella rete tesa dai finanzieri del Comando Provinciale di Prato sono state 11 persone (5 delle quali sottoposte agli arresti domiciliari), tra i quali figurano alcuni imprenditori del settore vitivinicolo, un investigatore privato, un faccendiere nonché i loro fiancheggiatori pakistani che avevano principalmente il compito di reclutare braccianti africani in fuga dalla povertà e dalla guerra, spesso soggiogandoli con l’uso della violenza.

In questo vero e proprio sottobosco del malaffare, che nel caso specifico riguardava la produzione del noto vino “Chianti”, le fiamme gialle pratesi hanno scoperto un mondo di diffuse illegalità che, oltre ai reati con contro la persona e di natura fiscale, ricomprendeva anche l’adulterazione di uno dei più noti e apprezzati vini italiani mediante la mescita con uve di diversa provenienza, ingannando così i consumatori che acquistavano un prodotto di qualità nettamente inferiore rispetto al vero “Chianti” fiorentino.

I soggetti indagati sono stati raggiunti anche da provvedimenti di sequestro “per equivalente” a causa dei reati fiscali a loro contestati, con provvedimenti ablativi che hanno interessato quote di capitale sociale di altre 7 aziende del medesimo gruppo familiare.