GdF scopre maxifrode fiscale

Tiziana Montalbano

La Guardia di Finanza di Gallarate ha terminato un’indagine a carico di un’impresa del varesotto attiva nel comparto dei materiali ferrosi, scoprendo una frode fiscale per oltre 55 milioni di materia imponibile sottratta all’imposizione sui redditi e otto milioni di I.V.A. non pagata, realizzata nell’arco di 7 anni, facendo apparire simulati acquisti di merce, documentati da fatture false.
La manovra fraudolenta e’ stata concepita ed attuata da un sodalizio di 3 persone, due fratelli piu’ il figlio di uno di essi, che hanno costituito, nel tempo, due società fittizie, una la prosecuzione dell’altra, con sede formale in provincia di Novara, prive di un’effettiva struttura aziendale, delle “cartiere” secondo il gergo tecnico degli “addetti ai lavori”, aventi la funzione di emettere fatture false, per finte vendite di rottami, a beneficio di una terza società, quella di Cardano al Campo, anche questa gestita “in famiglia” dagli stessi soggetti,  avente una reale operatività. Quest’ultima servendosi dei documenti fittizi, simulava di sostenere costi d’acquisto di merce, in verità’ inesistenti, per abbattere il reddito e  l’I.V.A. da versare all’erario.
Gli stratagemmi attuati dagli autori della frode prevedevano la tenuta di una contabilità’, anche da parte delle “cartiere”, puramente virtuale, da presentare in   caso di controlli, nonché la predisposizione di un apparato documentale, solo figurativo, per simulare i pagamenti dei corrispettivi e dell’I.V.A. indicati nelle fatture false. Tali pagamenti venivano registrati, nelle scritture contabili delle società coinvolte nel meccanismo fraudolento, per contanti ovvero utilizzando il conto banca;  in quest’ultimo caso, avveniva effettivamente l’emissione di assegni, che, però, venivano cambiati allo sportello bancario in denaro contante.  In sostanza, non avveniva alcun esborso finanziario reale, rimanendo il controvalore dei movimenti finanziari nelle mani dei finti acquirenti della merce, utilizzatori delle fatture fittizie.
Alle prime avvisaglie di indagine, gli ideatori della frode, temendo di essere stati scoperti, avevano occultato i registri e i documenti contabili delle società “cartiere”, fingendone la sottrazione, con la presentazione di una denuncia di furto di un autoveicolo,  all’interno del quale sarebbero stati riposti. La documentazione contabile in questione, però, veniva “ritrovata” nel corso di una perquisizione mirata effettuata dai finanzieri della Compagnia di Gallarate, in una cantina, nella disponibilità di uno dei responsabili della frode, svelando, così, il tentativo di inganno posto in essere, per tentare di complicare la ricostruzione delle trame criminali.
Lo sviluppo degli accertamenti, condotto attraverso l’esecuzione di approfonditi accertamenti bancari e di riscontri documentali, ha portato a delineare con precisione il quadro fraudolento descritto, nonché a scoprirne un’evoluzione ulteriore, realizzata simulando acquisti di materiale metallico da “privati non imprenditori”, documentati con “autofatture” fittizie.
I tre soggetti indagati, promotori ed attuatori del disegno fraudolento, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, occultamento delle scritture contabili e simulazione di reato, per la falsa denuncia di furto  della contabilità.