GdF: Viterbo, sequestrata una diga frangifultti sul lago Bolsena. Indagati per reati ambientali, falso ideologico e abuso d’ufficio il sindaco di Marta e altre 7 persone

Giuseppe Magliocco

Sono di una certa gravità i reati che la Procura della Repubblica di Viterbo ha ipotizzato a carico del Sindaco di Marta (VT) nonché di altre 7 persone (tra i quali i titolari d’una società di servizi) al termine di un’indagine che i magistrati viterbesi hanno delegato ai finanzieri del locale Comando Provinciale ed agli “specialisti” del Reparto Operativo Aeronavale della GDF di Civitavecchia.
L’inchiesta, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori reati ambientali connessi alla costruzione di una diga frangiflutti sul lago di Bolsena, nonché abusi d’ufficio e falsi ideologici, si è al momento conclusa con il sequestro di una struttura in cemento di 270 metri che – stando ai progetti per i quali ne era stata autorizzata e finanziata dalla Regione Lazio la costruzione – sarebbe servita per preservare la darsena del porticciolo lacustre della cittadina dal fenomeno dell’insabbiamento.
Ai finanzieri incaricati dalla Procura della Repubblica viterbese, però, non è servito molto per capire come quell’opera idraulica realizzata con denaro pubblico fosse stata invece adibita anche per altri scopi – assolutamente non previsti dal progetto e dunque autorizzati – peraltro andati avanti per almeno due anni in una zona che è per di più sottoposta a particolari vincoli paesaggistici ed ambientali.
L’amministrazione comunale nel cui territorio è stata realizzata la diga, probabilmente di concerto con la società privata di servizi che ne aveva la gestione, aveva invece adibito la struttura a punto d’attracco per i numerosi natanti che vi transitano, con tanto di anelli di ancoraggio, corpi morti sui fondali e persino installando pontili galleggianti, tutto ciò completamente al di fuori da quanto invece previsto nel progetto dell’opera e con potenziale pregiudizio, sia dell’ambiente lacustre per i probabili problemi d’inquinamento, sia dei diportisti e delle loro imbarcazioni che si avvalevano di manufatti neppure provvisti dei relativi collaudi.
L’inchiesta delle fiamme gialle sta comunque proseguendo per accertare se, ed eventualmente quanto, il Comune di Marta nonché la società di servizi che aveva in appalto l’intera struttura portuale abbiano percepito in termini di proventi economici versati dai diportisti stessi per il “servizio” resogli attraverso la diga oggi interdetta dai sigilli di sequestro, nonché la possibile esistenza di un danno erariale, eventualità questa che è praticamente sempre concomitante con i reati ambientali.