Il freddo Bhutan scalda i cuori dei Social

Samanta Sarti

Tra tanti propositi, promesse e richieste di aiuti concreti, l’impegno pronunciato da Thinley Namgyel, rappresentante del Regno del Bhutan, al vertice sul clima alla Conferenza di Parigi (COP21), di conservare i boschi “in perpetuo” e mantenere coperto da foreste il 60% del territorio nazionale, ha mosso senza dubbio numerose corde. Soprattutto quelle degli utenti online che hanno “agito” sulle notizie riguardanti il piccolo Stato situato alle pendici della catena dell’Himalaya generando una viralità elevata (circa 26.000 azioni di engagement). “I ghiacciai si sono ridotti del 28%” – ha spiegato Thinley Namgyel – “le piogge monsoniche non arrivano in tempo, o si scatenano come uragani quando non servono, distruggendo raccolti e campagne. Le sorgenti di montagna si prosciugano, mentre a valle le inondazioni aumentano […]. Proteggere il nostro Paese avvolgendolo di foreste non è un’utopia nostalgica ispirata dal valore della biodiversità, ma l’ultima opzione che ci resta per salvarci la vita". Il Bhutan è comunque annoverato, secondo uno  studio dell’Energy and Climate Intelligence Unit (Eciu), tra i pochissimi Stati che non dovranno adottare immantinente ambiziose strategie green:  assorbe il triplo delle emissioni nocive prodotte dalla sua popolazione, seguito a ruota dal Paraguay.

L’Uruguay è l’altro stato Sudamericano a vantare un invidiabile record di efficienza (la notizia ha generato oltre 18.000 “azioni” online): quasi in sordina, negli ultimi anni, ha investito su eolico e solare, grazie ai quali produce il 55% dell’energia nazionale, mentre un ulteriore 40%  è generata da centrali  idroelettriche. Ramon Mendez, fisico e Direttore Nazionale dell’Energia pare, tuttavia, nutrire ambizioni ancora più spinte: raggiungere entro il 2017 un livello di emissioni di anidride carbonica pari al 12% di quello emesso nel periodo 2009-2013.

Oltre 8.000 di viralità, tuttora in ascesa, per l’allarmante bollettino pubblicato dalla Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI): dopo 4 anni dal disastro nucleare di Fukushima le radiazioni stanno ormai lambendo le coste della California e i livelli attuali si stima siano i più alti mai registrati. “Per fortuna” –  spiega Ken Buesseler, chimico del WHOI – “il livello di radioattività è 500 volte inferiore ai limiti di sicurezza imposti dal governo degli Stati Uniti sull’acqua potabile, e ben al di sotto dei limiti per l’esposizione diretta durante sport come nuoto e canottaggio”. Nonostante le “rassicurazioni”,  gli studiosi di tutto il mondo invitano il Governo americano a non abbassare la guardia in merito alle conseguenze che simili disastri possano produrre sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.