Intelligenza artificiale: cinque paure che i leader HR devono affrontare secondo Cornerstone

redazione

L’intelligenza artificiale sta guadagnando terreno a grande velocità e le aziende sono portate a utilizzarla in ogni ambito, risorse umane comprese. Questa repentina accelerazione ha suscitato non poche preoccupazioni, persino negli specialisti HR, che da sempre usano la tecnologia e sono ben consapevoli dei vantaggi che comporta.

Gli esperti di Cornerstone, principale fornitore di soluzioni per la formazione e la talent experience, hanno analizzato le cinque principali paure che i leader delle risorse umane devono affrontare.

1.      Come rassicurare i dipendenti che vedono nell’AI una minaccia per il loro posto di lavoro?

Con i titoli sensazionalistici che campeggiano quotidianamente sui giornali proclamando che l’AI toglierà posti di lavoro, è naturale che in molti siano presi dall’ansia. Ecco perché, per implementare l’AI, è fondamentale che i responsabili HR trovino un equilibrio. L’intelligenza artificiale deve essere presentata come un supporto alle competenze dei lavoratori, non come un sostituto. È fondamentale trasmettere un senso di fiducia nei collaboratori e informarli sul contributo che la tecnologia può apportare: solo se si renderanno conto che l’AI permetterà loro di concentrarsi sugli aspetti più strategici e creativi della giornata lavorativa, riusciranno ad accettarla.

2.      L’AI solleva questioni etiche, legate ad esempio ai pregiudizi: come affrontarle?

Sia il personale delle risorse umane sia i dipendenti temono che gli algoritmi e i modelli dell’intelligenza artificiale possano risentire delle disparità derivanti dai dati su cui si basano. Il timore è che questo possa portare a trattamenti iniqui e discriminatori, ad esempio in fase di selezione di valutazione delle performance. Di fronte a questa preoccupazione, è essenziale riconoscere che l’intelligenza artificiale, al pari di quella umana, è soggetta a pregiudizi ed errori. I responsabili delle risorse umane, quindi, devono mettere sempre in discussione i risultati e far emergere eventuali errori o bias. Affidarsi a un fornitore di tecnologie per la gestione HR esperto in materia di AI è un’ottima idea per arginare il più possibile i dubbi di natura etica.

3.      Con l’accelerazione dell’AI, il divario di competenze aumenterà ulteriormente?

Le competenze, soprattutto quelle digitali, sono un punto critico e non stupisce che alcuni leader HR si aspettino un peggioramento dello scenario dovuto all’accelerazione dell’AI. Nonostante le difficoltà, tuttavia, sfruttare il potenziale di tale risorsa potrebbe essere utile per capire quali competenze sono già presenti nelle aziende. L’intelligenza artificiale, infatti, è in grado di individuare lo skill gap, riconoscere le competenze già presenti e individuare i dipendenti che potrebbero affinarle per colmare i vuoti. La propensione alla mobilità interna è ormai assodata: secondo lo studio sulla mobilità dei talenti condotto da Cornerstone nel 2023, il 73% dei dipendenti vuole conoscere le opportunità di carriera interne alla propria azienda. E i dirigenti dovrebbero sfruttare questo dato per porre rimedio alla mancanza di competenze.

4.      La diffusione dell’AI rischia di avere un impatto negativo sull’attenzione e sulla motivazione dei dipendenti?

Alcuni responsabili HR temono che aumentare l’uso dell’AI possa generare una dipendenza dalla tecnologia e che alcuni collaboratori, invece di cogliere l’occasione per potenziare creatività ed efficienza, finiscano per trascurare il consolidamento delle competenze, rinunciare al pensiero critico e lavorare meno. Eppure l’AI è ancora lontana dalla perfezione e passibile di errori. Gli esseri umani devono continuare a intervenire nella maggior parte delle attività, perciò non potranno semplicemente estraniarsi e affidare tutto alle macchine. L’intelligenza artificiale, inoltre, è un valido strumento per consentire ai dipendenti di seguire un percorso di crescita e accedere a contenuti di formazione pertinenti, garantendo una crescita continua.

5.      Potenziare l’AI potrebbe aggravare l’isolamento dei dipendenti, soprattutto nell’era dello smart working?

Alcuni collaboratori ed esperti HR si domandano se un’implementazione su larga scala dell’AI non rischi di ridurre le interazioni umane all’interno dell’azienda. Anche in questo caso, in realtà, la tecnologia può sortire esattamente l’effetto opposto. Ad esempio, può mettere i dipendenti in condizione di indirizzare personalmente il proprio percorso formativo e professionale, visto e considerato che l’80% dei dipendenti preferisce ricorrere a metodi self-service per vagliare le opzioni di mobilità interna. Nel momento in cui sono i collaboratori stessi a cercare le posizioni aperte in azienda, i manager possono dedicare più tempo al ruolo di coach, organizzare colloqui con i dipendenti per discutere dei loro obiettivi e del loro stato d’animo, rafforzando così le relazioni interpersonali.

Nonostante le riserve di leader HR e dipendenti, è importante non perdere di vista le molteplici opportunità offerte dall’intelligenza artificiale. Se sfruttata in modo equilibrato, la tecnologia può diventare uno strumento di supporto prezioso, in grado di valorizzare il talento umano nel pieno rispetto dell’etica. I responsabili delle risorse umane dovrebbero riconoscere il potenziale dell’AI e gestire proattivamente le sfide che comporta, per il bene dei dipendenti e, più in generale, per il successo dell’azienda.