Libri: "Saper fare far sapere"

Veronica Molese

“Saper fare far sapere” è il titolo del libro scritto a sei mani da Roberto Sgalla, Direttore dell’Ufficio Relazioni Esterne del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, insieme a Mario Viola, Responsabile Ufficio stampa e Comunicazione, e a Nicolanna Caristo, Responsabile Ufficio Grandi Eventi.
Le relazioni pubbliche sono dialogo, educazione, confronto, soluzione di conflitti, tutela dell’immagine”. Sulla base di queste parole, incipit del secondo di otto capitoli, abbiamo approfondito i contenuti del libro con uno degli autori, il dottor Roberto Sgalla.

La prefazione del libro, curata dal Capo della Polizia, il dottor Antonio Manganelli, punta il proprio focus sulla "sicurezza partecipata". Cosa vuol dire?
Che ormai la sicurezza non è solo argomento delle forze di polizia, ma anche di altri soggetti che, a vario titolo e a varia responsabilità, vi  possono partecipare, assumendosi una parte di oneri per garantire la sicurezza. Più soggetti possono partecipare, ognuno per la propria parte, a garantire la sicurezza.
Dottor Sgalla, per la prima volta un’istituzione pubblica, la Polizia di Stato, concretizza in un manuale di comunicazione l’importanza e l’esigenza di "saper fare informazione". Com’è nata l’idea del libro e a chi si rivolge?
Il libro nasce non solo per riepilogare alcune tecniche di comunicazione, ma fondamentalmente per raccontare tutta una serie di progetti, di storie e percorsi che la comunicazione della Polizia di Stato ha realizzato in questi anni. Dal 2000 la Polizia ha strutturato una strategia della comunicazione, convinti che la stessa comunicazione possa generare non tanto sicurezza sul piano oggettivo, ma proprio sul piano della percezione soggettiva. Il libro è destinato fondamentalmente agli operatori di Polizia che fanno comunicazione, ma può essere anche una best pratic da diffondere e far conoscere all’esterno.
La comunicazione diventa essa stessa fonte di sicurezza?
La Polizia ha capito, credo, quanto sia importante la comunicazione come strumento per costruire quel rapporto fiduciario con il cittadino, che è la premessa per aver meno paura.
Lei è stato premiato nel corso della quattordicesima edizione del Salone Europeo della Comunicazione Pubblica con il Premio "Comunicazione Pubblica", per il Suo lavoro di direttore dell’Ufficio Relazioni Esterne e Cerimoniale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Quali sono, secondo Lei,  le doti indispensabili di un buon comunicatore?
La prima, sicuramente, la grande disponibilità verso tutti, perché nell’attività di comunicazione la relazione, intesa come capacità di costruire relazioni, di saperle mantenere ed implementarle, è una delle basi fondamentali; la seconda, la possibilità coniugata alla capacità di veicolare dei contenuti positivi, che la Polizia di Stato, per fortuna produce.Al comunicatore spetta solo di veicolarli nel miglior modo possibile. Terza, un’indiscussa disponibilità personale, perché la comunicazione impegna a 360°, 24 ore su 24.
Negli ultimi anni, la Polizia di Stato dedica un canale non solo di comunicazione, ma di collaborazione con il mondo della stampa.
Noi abbiamo impostato i nostri rapporti con il mondo della stampa basandoli su tre pilastri: la trasparenza, ovvero fornire tutto ciò che è possibile fornire; l’equidistanza, dare ad ogni testata, grande o piccola che sia, tutte le informazioni; una grande attenzione alle realtà locali attraverso i nostri capi ufficio stampa presso le singole questure.
Dottor Sgalla, mi permetta una domanda "leggermente" di parte, che importanza hanno le testate on line, nell’ottica della comunicazione, per la Polizia?
C’è un’attenzione da parte nostra molto molto particolare sulle testate informatizzate, perché sono non solo giornali oggi sempre più visti e frequentati, ma vero e proprio strumento, in grado di arrivare spesso a target molto importanti, come i giovani ad esempio o comunque categorie economiche particolari, a cui è più difficile parlare in modo generalista. Avere la possibilità di veicolare i nostri contenuti e i nostri messaggi attraverso questi strumenti è per noi un modo di raggiungere pubblici che in altro modo sarebbe difficile avvicinare.
Un’ultimissima domanda. Il dilagare dei "pubblici processi" e di "mancate smentite", laddove necessarie  e dovute,  ad opera dei giornalisti, soprattutto negli ultimi periodi, mi porta a chiederle una Sua personale considerazione sul mondo dell’informazione.
Io auspico, prima di tutto come cittadino e poi come comunicatore, che la comunicazione sia sempre più corretta possibile e veritiera. Personalmente ritengo che una delle qualità migliori del giornalista sia quella di pubblicare una notizia dopo averla verificata sino in fondo; questo, credo, sia l’auspicio che ogni cittadino ha leggendo i giornali, ovvero che tutto quel che legge sia vero perchè verificato prima di tutto dal giornalista.Raccontare la verità penso sia, da una parte, uno dei più bei mestieri, dall’altra, uno dei più bei doveri che un giornalista può assumersi verso la comunità.