Operazione "Ulisse": i nostri capolavori tornano a casa

Massimo Scambelluri

Dopo aver attraversato mezza Europa e fatto bella mostra di sé in alcune dimore gentilizie di Brera e dell’esclusivo Faubourg St. Honoré di Parigi, torna a casa – unitamente ad altri 87 capolavori che erano ritenuti ormai perduti – l’ipnotico affresco pompeiano, strappato nel corso degli anni ’70 da una domus di Oplontis, l’attuale Torre Annunziata, uno dei centri colpiti dalla storica eruzione.
Si tratta di un lacerto di decorazione parietale, con templi, giardini, fontane, un’agorà ed una residenza cintata, riconducibile con ogni probabilità ad uno degli ambienti della Villa di Poppea Sabina, moglie di Nerone, ed ascrivibile al I sec. d. C.
L’affresco era confluito nella collezione di un importante magnate dell’editoria francese, unitamente ad altri capolavori dell’archeologia etrusca, gnathia e magno-greca tutti recuperati dalle Fiamme Gialle. Tra le opere figura un corpus di straordinari vasi canosini dalle forme globulari (un askos listato a decorazione bicroma ed un altro con decorazione plastica, entrambi ascrivibili al IV sec. a. C.) ed una serie di vasi attici coevi, a figure rosse e a figure nere, veicolati in Etruria dagli empori del Mediterraneo, tra cui una rara Kalpis ed una ricca selezione di crateri a campana ed a calice.
Le opere tornano in Italia al termine di una complessa operazione d’intelligence condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale anche attraverso rogatorie che hanno interessato gran parte dei paesi dell’Europa occidentale – Svizzera, Francia e Spagna in primis – nelle cui collezioni gentilizie erano confluiti i reperti fin dagli anni ’80.
Unitamente ai reperti del passato e che presto verranno musealizzati e restituiti alla fruizione pubblica, i militari operanti – sotto la direzione della Procura della Repubblica capitolina, nella persona del Sostituto Procuratore Dott. Paolo Giorgio Ferri – sono addivenuti al sequestro di un ensemble di dipinti recanti le firme dei più autorevoli maestri dell’Impressionismo: Renoir, Picasso, Modigliani, Monet, Degas ed i più recenti Fontana, De Chirico e Schifano, solo per citarne alcuni, rivelatisi poi delle ignobili croste corredate da prestigiose attribuzioni. Le opere, rinvenute in un’insospettabile residenza della “Milano bene”, erano state create ad artem per fornire garanzie ed accedere a linee di credito privilegiato presso ignari istituti di credito.
Grandissimo lo stupore dei finanzieri del Comando Provinciale di Roma nel trovarsi al cospetto di opere di così apparente pregio e levatura, tutte scortate – appare superfluo precisarlo – dall’expertise di compiacenti personaggi del mondo critico-scientifico.
Nel corso dell’operazione è stato rinvenuto e sequestrato anche il materiale impiegato per la falsificazione nonché la strumentazione tecnica utilizzata a tale scopo.
L’abbrivio dell’Operazione Ulisse – che con l’eroe epico ha in comune il felice epilogo del ritorno al suolo natio – era stato fornito agli inquirenti da una serie di elementi che riconducevano al saccheggio di siti sepolcrali dell’Etruria: i corredi funerari, sculture, vasi e suppellettili venivano ricettati dai c.d. tombaroli ed immessi nell’indotto clandestino attraverso il Porto Franco di Ginevra e da lì avviati sulle rotte asiatiche dei mercati sino-nipponici, certamente più remunerativi rispetto a quelli occidentali.
Il sodalizio operava tra il Lazio, la Toscana e la Lombardia, con base operativa nella centralissima Place Vendome, nella Capitale Francese, in un principesco resort.
Ammonta a 31 il numero dei denunciati nel corso dell’intera operazione, che ha consentito il recupero alla fruizione pubblica di oltre 400 reperti di inestimabile valore scientifico ed il sequestro di 22 dipinti recanti false attribuzioni e che avrebbero inquinato il mercato internazionale dell’arte.