Privacy in rete: le contraddizioni dell’utente moderno

redazione

EMC Corporation (NYSE: EMC) ha pubblicato i risultati dello studio EMC Privacy Index, una ricerca condotta a livello mondiale sull’atteggiamento dei consumatori nei confronti della privacy online.

Il report evidenzia come il tradizionale dibattito inerente il grado di visibilità che Governi e aziende dovrebbero avere sulle attività private, sulle comunicazioni e sui comportamenti dei cittadini riguarda ormai anche il mondo online.

In particolare lo studio, condotto su 15.000 consumatori in 15 Paesi, analizza come i consumatori considerano i propri diritti alla privacy online, e misura la disponibilità a rinunciare ai vantaggi di un ambiente interconnesso pur di salvaguardare la propria riservatezza. Il report inoltre rivela come il punto di vista dei cittadini rispetto alla privacy vari notevolmente a seconda del Paese di appartenenza e del tipo di attività che viene svolta online.

 

 

I risultati dello studio EMC Privacy Index comprendono anche lo spaccato della situazione Paese per Paese.

In Italia

Nel nostro Paese, solo il 29% del campione intervistato (in linea con il risultato a livello globale, 27%) dichiara di essere disposto a sacrificare i propri livelli di privacy per poter usufruire di tutti i vantaggi della rete e delle tecnologie online.

Tuttavia:

        Solo il 41% degli intervistati cambia regolarmente le proprie password.

        Quasi 1 utente su 3 dichiara di non avere una password per i propri dispositivi mobile, telefoni o tablet.

        Più di 1 utente su 3 non regola, quando si iscrive a un Social Network, in modo mirato le proprie impostazioni legate alla privacy.

Inoltre, sebbene l’89% degli italiani (l’84% a livello globale) dichiari di non apprezzare la diffusione online delle proprie informazioni personali o delle abitudini personali, a meno che questo non derivi da una propria decisione di condividere determinate informazioni, il 64% utilizza regolarmente i Social Media e ben l’86% del campione acquista prodotti in rete.

In Italia, l’88% degli utenti crede che debbano esserci delle leggi ad hoc che proibiscano la compravendita dei dati personali, senza il consenso del diretto interessato.

Inoltre, solo il 40% del campione – in linea con i dati globali – crede che le Istituzioni stiano lavorando per la protezione della privacy dei propri cittadini e, in questo contesto, l’86% degli italiani è convinto che sarà sempre più difficile mantenere la propria privacy nel prossimi 5 anni.     

Principali risultati a livello globale

Il paradosso del “voglio tutto

Indipendentemente dalla tipologia di utente online e dal tipo di vantaggio che potrebbero ottenere dalla tecnologia digitale, le persone sono molto poco disposte a “intaccare” la propria privacy:

 

        Il 91% degli intervistati apprezza “l’accesso più facile alle informazioni e alla conoscenza” reso possibile dalla tecnologia digitale; eppure solo il 27% è disposto a sacrificare qualcosa della propria privacy in cambio dei vantaggi offerti da Internet.

        L’85% degli intervistati apprezza “l’uso della tecnologia digitale per la protezione dalle attività terroristiche e/o criminali”; tuttavia solo il 54% è disposto a rinunciare a parte della propria privacy in cambio di questa protezione.

        Una parte del campione di intervistati di età superiore ai 55 anni è meno disposto a sacrificare la privacy in cambio di comodità, e desidera maggior controllo sui propri dati personali. Questo indipendentemente dal Paese di appartenenza.

 

Il paradosso del “non fare nulla

Oltre metà degli intervistati ha affermato di aver subìto una violazione dei propri dati (account di posta violato; dispositivo mobile rubato o smarrito; account di social media violati ecc.). Tuttavia, molti non prendono misure per proteggersi:

 

        Il 62% non modifica le proprie password con regolarità

        4 intervistati su 10 non modificano la configurazione della privacy sui social network

        Il 39% non protegge i propri dispositivi mobili con password

 

Per il campione intervistato, i principali rischi che riguardano il futuro della privacy sono da imputare alle aziende che usano, vendono o scambiano dati finanziari a scopo di lucro (51%) e all’assenza di attenzione da parte dei Governi (31%). Bassa l’autocritica: solo l’11% del campione imputa le possibili violazioni alla “assenza di attenzione da parte di persone normali come me”.

 

Gli over 55 risultano molto meno propensi a proteggere i propri dispositivi mobile con una password o a modificare le configurazioni della privacy sui social network.

 

Il paradosso del “social sharing

L’uso dei social media continua ad aumentare nonostante: 

 

        Gli intervistati prevedono che la loro privacy sui social media sarà difficilmente mantenuta nei prossimi cinque anni.

        La bassa fiducia dei consumatori nelle capacità e nel senso etico delle istituzioni per la protezione della privacy dei dati personali sui social media.

        Solo il 51% afferma di avere fiducia nelle competenze dei provider per la protezione dei dati personali, e solo il 39% ha fiducia nel senso etico di queste aziende.

        La maggioranza dei consumatori (ben l’84%) non apprezza che qualcuno possieda informazioni su di sé e sulle proprie abitudini, a meno che questo non derivi da una propria decisione di condividere determinate informazioni.

        Un campione di persone – oltre i 65 anni di età – presta maggiore attenzione alla propria privacy; sono infatti meno disposti a lasciare che altri ne conoscano le abitudini online.

 

Una prospettiva globale che preoccupa

La fiducia delle persone nei propri livelli di privacy sta diminuendo col tempo:

 

        Il 59% degli intervistati a livello globale afferma di possedere meno privacy oggi rispetto a un anno fa.

        Brasile e Stati Uniti hanno riportato la più alta percentuale di intervistati che ritengono di avere oggi meno privacy. Rispettivamente il 71% e il 70%.

        La Francia è l’unico Paese con una maggioranza (56%) che non ritiene di avere meno privacy rispetto a un anno fa.

        Una significativa maggioranza di intervistati (81%) prevede che la privacy continuerà a diminuire nei prossimi cinque anni.