Protezione acustica degli edifici sotto assedio

redazione

Il Ministero dell’Ambiente sta per presentare al Governo una proposta di legge che andrà a modificare l’unico riferimento legislativo, insieme alla legge quadro del ’95, a normare in Italia l’annosa questione dell’inquinamento acustico, cioè il Decreto del dicembre del ’97 che definisce i requisiti di protezione acustica degli edifici. La proposta di fatto assorbe la nuova classificazione acustica delle unità immobiliari contenuta in una complessa norma UNI di prossima pubblicazione, che definisce nuovi criteri per la misurazione e valutazione di alcuni requisiti acustici degli edifici. In particolare il decreto introduce una riduzione dell’isolamento di facciata – una delle grandezze più significative contemplate dal DPCM del ’97 – da 40 a 37 decibel, ammettendo anche una tolleranza di 3 decibel, che penalizza non solo i componenti finestrati ma anche le pareti verticali e i tetti. Preoccupata la posizione di AIAS, secondo la quale questo abbassamento dei requisiti diminuirà la capacità di protezione acustica delle pareti, comportando una drastica riduzione del livello di comfort degli immobili con possibili gravi conseguenze sulla salute di cittadini e lavoratori.

La proposta di legge non solo abbassa i valori dell’isolamento acustico di facciata, ma inserisce addirittura il concetto di tolleranza, che non farà altro che diminuirli ulteriormente – commenta il Presidente di AIAS, Giancarlo Bianchi -. I promotori della norma che sostengono che negli altri paesi europei il valore degli isolamenti è molto più basso di quello italiano dimostrano in modo preoccupante di non avere ben chiara la questione. Solo a titolo esemplificativo, possiamo citare il caso della Francia dove, unitamente al valore minimo di 30 decibel, viene richiesto di tenere presente il fattore di correzione per il rumore derivante dal traffico, che può arrivare anche a 18 decibel. Facendo due conti è quindi chiaro che in realtà il limite da rispettare può arrivare anche a 48 decibel, valore ben superiore a quello che il legislatore vuole pericolosamente introdurre nel nostro Paese”.

Caduta la giustificazione di allinearsi agli altri Paesi europei, dove i valori di isolamento acustico sono più elevati o comunque uguali ai valori italiani attuali, AIAS vede nel perverso meccanismo delle lobby il vero motore che sta portando il nostro Paese a introdurre un provvedimento che rischia di incidere pesantemente sulla salute degli italiani.

Il vero problema che sta facendo muovere il legislatore sono le numerose cause legali aperte dai proprietari di casa contro l’Associazione nazionale dei costruttori edili con l’accusa di non aver rispettato i buoni valori di protezione acustica imposti dall’attuale legge del ’97 – prosegue Bianchi -. Per rispettare i parametri richiesti dalla legge è infatti necessario non solo utilizzare materiali idonei, ma anche una posa corretta degli stessi, operazione che stride con la tendenza dei costruttori a risparmiare sui costi avvalendosi di manodopera sempre meno qualificata. In poche parole tutti gli italiani stanno per vedere messa a rischio la propria tranquillità e la propria salute per venire incontro agli interessi egoistici di pochi, che temono di vedere i propri prodotti finire fuori mercato se la legge non smette di pretendere da loro prestazioni di un certo livello. Questo decreto mette di fatto i costruttori e i committenti di nuovi edifici al riparo da qualunque coinvolgimento di responsabilità sotto il profilo dei requisiti acustici”.

In realtà una casa costruita bene dal punto di vista acustico costa come una costruita male, senza considerare che il rumore è un parametro che incide fortemente sulla quotazione di mercato degli immobili, perchè l’inquinamento acustico influisce pesantemente su molti aspetti della vita quotidiana, dal benessere psicofisico delle persone alla qualità del lavoro.

In ambito lavorativo il rumore può provocare seri danni all’apparato uditivo, tanto che negli ultimi anni la ridotta capacità uditiva provocata da eventi rumorosi è la principale malattia professionale registrata in Italia e tra le principali cause di stress correlato al lavoro – spiega Bianchi -. Il rumore nei luoghi di lavoro è infatti molto spesso motivo di infortuni, perchè rende difficile sentire le direttive o i segnali d’allarme, e causa di pericolose distrazioni. Nelle aree urbane invece difficilmente i rumori causano danni seri all’apparato uditivo, ma possono essere alla base di problemi altrettanto gravi sul sistema cardiovascolare e essere concausa nell’insorgenza di patologie associate ad una condizione di stress, come le ulcere, le gastriti e i problemi intestinali”.

Questa proposta di legge sembra quindi cozzare pesantemente con la forte sensibilità che il legislatore sta dimostrando nei confronti del benessere e della salute dei lavoratori e, più in generale, delle persone. Basti pensare alla imminente obbligatorietà per i datori di lavoro di misurare lo stress a cui sono sottoposti i dipendenti che, seppur rimandata a fine anno, rimane un capo saldo dell’attuale legislazione in materia di protezione della salute dei lavoratori. Pare quindi curiosamente in controtendenza che il Ministero dell’Ambiente emetta un provvedimento che, riducendo la capacità delle pareti di proteggere dai rumori interni ed esterni, va palesemente nella direzione opposta.

Se una logica esiste dietro questa operazione di certo non va ricercata nella tutela della salute degli italiani – spiega Bianchi -. In più, oltre a creare danni alle persone, questo decreto non risolve questioni ancora aperte, come l’affidabilità della classificazione acustica, che in pratica continua ad essere decisa dal costruttore in base al numero delle misure eseguite, affidabilità che quindi può essere anche molto bassa. Basti pensare che un’affidabilità del 60% vuol dire all’atto pratico che esiste una probabilità del 40% che l’edificio non sia nella classe dichiarata”.