Sappe, giusto richiamo Gentiloni

redazione

Da anni sosteniamo che per prevenire il problema del radicalismo islamico nelle carcere italiane, anche in relazione all’aumento delle presenze di detenuti stranieri di religione musulmana, bisogna potenziare una formazione ed un aggiornamento professionale “mirato” per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, che stanno in prima linea nelle carceri 24 ore al giorno. Colpevolmente non è stato fatto. Auspico che con il richiamo del Presidente del Consiglio Gentiloni non si perda ulteriore tempo e si predispongano urgenti interventi, a cominciare da corsi di apprendimento delle lingue straniere e di conoscenza religiosa.

Aggiungo che, come primo e più rappresentativo Sindacato della Polizia Penitenziaria, da più di vent’anni chiediamo la realizzazione di corsi ad hoc a fronte di un altissimo numero di detenuti stranieri presenti in Italia (ad oggi oltre 18.500) e nuove assunzioni di Agenti per sanare la carenza di organico di settemila unità

Lo abbiamo chiesto al Ministero della Giustizia ed al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, guidato da Santi Consolo, senza alcun riscontro. 

Noi, che rappresentiamo chi sta nella prima linea delle sezioni detentive, sappiamo bene che il carcere è un terreno fertile nel quale fanatici estremisti, in particolare ex combattenti, possono far leva sugli elementi più deboli e in crisi con la società per selezionare volontari mujaheddin da inviare nelle aree di conflitto, grazie ad un meticoloso indottrinamento ideologico. 

Non è infatti un caso la radicalizzazione di molti criminali comuni, specialmente di origine nordafricana, che pure non avevano manifestato nessuna particolare inclinazione religiosa al momento dell’entrata in carcere, che si sono trasformati gradualmente in estremisti sotto l’influenza di altri detenuti già radicalizzati. 

Eppure, nessuno ha raccolto mai i nostri appelli di avere una formazione e un aggiornamento professionale adeguato.

Men che meno il DAP guidato da Santi Consolo. 

Ma, nonostante tutto, le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria hanno fronteggiato e fronteggiato, nelle carceri italiane, il pericolo del radicalismo integralista ogni giorno, con professionalità e senso del dovere, anche attraverso il Nucleo Investigativo Centrale del Corpo, che è un settore di eccellenza anche in questo settore.

Lo ha fatto e lo fanno, in carcere, le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, che è l’unica Forza di Polizia del Paese competente nel settore.