XaaS, fog computing, “sharare”: il linguaggio creativo della tecnologia, perché i professionisti IT devono parlare chiaro

In oltre un anno complesso fatto di grandi sfide, numerose aziende si sono rese conto del valore reale della tecnologia, decidendo di abbracciare, seppur a volte in modo improvviso e non pianificato, un percorso di rapida trasformazione. La pandemia ha messo in luce ulteriormente, anche a chi ancora non ci credeva, quanto l’innovazione sia un elemento imprescindibile per il successo di ogni azienda.

Di fronte a questa evoluzione spinta, però, una domanda può sorgere spontanea. Le tecnologie sono sempre più avanzate ed evolute per migliorare l’operatività e la produttività degli utenti, con strumenti, dispositivi e architetture all’avanguardia per consentire di lavorare da qualsiasi luogo, in ogni momento, ma gli utenti, in particolar modo coloro che non hanno un’estrazione tecnica, hanno realmente compreso il valore del patrimonio tecnologico aziendale con il quale possono operare?

I dipartimenti IT sono sempre stati ambienti di nicchia, in cui persone specializzate parlavano – e spesso continuano a farlo – un linguaggio “elitario”, composto da termini spesso incomprensibili non solo dai colleghi non tecnici, ma anche da chi occupa ruoli C-level, i quali, orientati giustamente agli aspetti business più che a quelli tecnologici, non riescono a immergersi e farsi coinvolgere completamente nelle discussioni a causa di potenziali incomprensioni. Fog ed edge computing, XaaS, V2X sono solo alcuni acronimi creati e utilizzati nel corso degli anni con lo scopo teorico di semplificare il linguaggio, velocizzare le comunicazioni e allinearsi in modo agile. Per i tecnici sono parole cristalline e immediate. Tuttavia, data l’esplosione tecnologica che tutti stanno affrontando e condividendo, sarebbe necessario sviluppare un nuovo modo di comunicare, che coinvolga maggiormente tutti i livelli e divisioni di un’azienda, per mettere a proprio agio anche chi quelle tecnologie le utilizza quotidianamente, molto spesso senza conoscerne la definizione o l’architettura alla loro base.

Essere innovativi non significa solo possedere un’infrastruttura performante e all’avanguardia per consentire ai dipendenti di lavorare al meglio, ma significa anche ampliare il valore e l’impatto che la tecnologia ha su di loro. Coinvolgere il personale in un processo più allargato e inclusivo non solo di comprensione della terminologia, ma soprattutto delle motivazioni che hanno condotto all’adozione e utilizzo di un determinato strumento, può agevolarne una corretta applicazione e una migliore esperienza da parte degli utenti, che si sentiranno maggiormente coinvolti, nonostante ricoprano ruoli non tecnici.

È innegabile che il percorso verso una maggiore democratizzazione della tecnologia sia in atto da anni, ma oggi è necessario uno sforzo in più da parte delle aziende, che devono impegnarsi ulteriormente nel condividere, collaborare e far collaborare le proprie risorse, a ogni livello, per accompagnarle verso una comunicazione e interazioni più efficaci tra dipartimenti e funzioni organizzativi, un’ottimizzazione delle attività che garantisca maggior benessere e soddisfazione, rendendole parte integrante della trasformazione digitale, aziendale ma anche personale.

Per fare questo, non è sufficiente da parte dei professionisti IT fornire nuovi strumenti ai dipendenti, ma servirà insegnare agli utenti come beneficiare dei progressi della tecnologia, offrendo approcci e linguaggi semplificati e intuitivi che permettano di comprendere realmente il percorso in atto, essere a proprio agio con la tecnologia e seguirne l’evoluzione con entusiasmo.

Il mondo IT ha da sempre l’aura di contesto innovativo e proiettato al futuro, ma se permane la distanza comunicativa verso i fruitori delle tecnologie l’esito non può che essere un autoisolamento.

Siamo veramente sicuri che l’IT sia il settore più innovativo? A oggi il self-provisioning da parte degli utenti che accedono a una piattaforma cloud non è ancora così diffuso all’interno delle aziende, così come la possibilità per gli utenti di compiere in autonomia un intero processo di creazione di servizi o infrastrutture.

In quali altri settori questo succede da anni?

Quando ci fermiamo per fare rifornimento all’auto, in molti scelgono il self-service: il messaggio è semplice, è un’operazione facile e costa meno. Nessuno di noi per fare il pieno deve conoscere l’intero processo di raffinazione degli idrocarburi, semplicemente sfrutta la delega a lui concessa di riempire il serbatoio in autonomia.  I distributori di benzina non sono famosi per l’innovazione, ma la comunicano meglio di molti dipartimenti IT.

Lo stesso vale per la spesa alimentare e i supermercati, ormai da tempo, ruoli e attività che prima erano appannaggio di risorse dedicate in cassa vengono oggi normalmente delegate ai clienti stessi, che possono scegliere gli articoli, scansionarli, vedere in tempo reale il costo complessivo e infine pagare alle casse automatiche, evitando la coda e senza svuotare il carrello. Facile, infatti funziona.

Ecco perché il mondo IT dovrebbe iniziare a parlare in modo semplice. Continuerebbe a essere innovativo come oggi – se non di più – informando anche chi ne sta al di fuori e aumentandone i benefici.