Contro i software illegali la Guida gestione rischi

Riccardo Fraddosio

  Nel nostro Paese, solo nel 2007, la pirateria informatica ha provocato danni economici calcolabili in oltre 1.150 milioni di euro. Si stima che se si riuscisse a ridurre di 10 punti percentuali questo fenomeno di attività illegale, si creerebbero in tutto il mondo più di due milioni di posti di lavoro, quattrocento miliardi di dollari di crescita economica e sessantasette miliardi di gettito fiscale. Uno scenario drammatico, che spinge alla ricerca di soluzioni. Business Software Alliance (Bsa), un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro dedicata alla lotta contro la duplicazione illegale del software, la quale presenta da anni suggerimenti e soluzioni al mondo delle imprese e delle Pa, ha messo a punto uno strumento molto efficace: la Guida Gestione Rischi. “La nostra guida si rivolge principalmente alle aziende piccole e medie – spiega Luca Marinelli, Presidente Bsa Italia –, ed è concepita come aiuto agli imprenditori, i quali, molto spesso, non si muovono bene nelle questioni informatiche”. Presidente, ci illustrerebbe il contenuto della Guida Gestione Rischi? “In linea generale quello che noi proponiamo al mondo delle imprese è un manuale che chiarisce quali sono i rischi a cui si va incontro se si utilizza un software non regolarmente registrato. Da un lato è, chiamiamola così, un’iniezione di cultura; dall’altro un vero e proprio prodotto operativo”. Quali sono i maggiori rischi operativi che un’azienda incorre quando possiede un software illegale? “Sono moltissimi. C’è il pericolo di perdita o danneggiamento dei dati. In secondo luogo, ci si espone ad un’eventuale mancanza di funzionalità, anche perché i programmi duplicati sono spesso incompleti e, in caso di bisogno di assistenza tecnica, quest’ultima non può essere richiesta da un possessore di software illegale. Inoltre vi è un potenziale danno della reputazione del possessore e, di conseguenza, un danno all’immagine dell’impresa. Infine si può incorrere in sanzioni legali, il che vuol dire pagare un avvocato”. Che messaggio manderebbe agli imprenditori italiani che possiedono software illegali? “Gli direi che non registrare il proprio software molto spesso costa di più che registrarlo. Nel mercato non si fanno mai solo strategie di breve periodo, e, anzi, è molto importante saper calcolare anche l’effetto che le scelte causeranno in base a criteri di lungo termine. Purtroppo in Italia il tasso di pirateria del software è attualmente pari al 49% rispetto a una media europea del 33%, e ciò è imbarazzante”. Da cosa dipende questa situazione? “Da tre fattori: una cultura della furbizia tipicamente italiana, l’ignoranza in buona fede di molti, e un aggiramento delle buone norme. In realtà infatti abbiamo un’ottima legislazione, la quale, troppo spesso, viene aggirata”. Quanto danneggia la nostra economia tutto ciò? “Moltissimo. E non solo da un punto di vista del nostro mercato interno, ma anche da quello delle sue varie diramazioni al di fuori della Penisola. L’Italia, per esempio, è sulla lista301 degli Usa, il che vuol dire che la nostra è una di quelle Nazioni che il governo Usa osserva con allarme per quanto riguarda la tutela del diritto alla proprietà intellettuale. Questo fa sì che gli americani investano di meno nel nostro Paese”. Quali sono gli obbiettivi di Bsa per il futuro? “Continuare il percorso che ci ispira dal 1988, anno di nascita di Bsa. Riassumendo: fare educazione sul mercato, favorire ambienti di discussione con le istituzioni e quindi portare queste tematiche nell’agenda di governo, intensificare le iniziative di sostegno agli imprenditori”.