"Bio-invasori" nel mirino della Ue

Adria Pocek

In Europa è “allarme rosso” per l’invasione delle specie esotiche e la Commissione, opportunamente sensibilizzata, ha promosso a ridosso della Conferenza di Bonn sulla biodiversità una consultazione pubblica, durata otto settimane e che si è conclusa proprio in questi giorni. Ma perché è allarme? Perché le specie esotiche invadenti possono procurare considerevoli danni, sia economici che ambientali, mettendo a rischio la biodiversità. E’ stato stimato che per l’economia e l’ambiente a livello globale il costo di questa bioinvasione potrebbe essere cospicuo: addirittura 1,4 trilioni di dollari l’anno. La Commissione vuole quindi approfondire la cosa e tramite il dialogo coi cittadini e con la comunità scientifica, trovare una soluzione percorribile al problema. Entro il 2008 si saprà a quali conclusioni si sia giunti dopo questa consultazione.
Dato che l’introduzione di queste specie esotiche rappresenta una delle principali cause conosciute di perdita di diversità biologica, è chiaro che il fenomeno deve essere oggetto di un’attenta sorveglianza a livello nazionale e internazionale. Se l’introduzione di queste specie  è intenzionale, il carico della prova per la sicurezza degli ecosistemi, degli habitat e delle specie deve spettare alla persona o all’istituzione che l’introduce: la Commissione aspira quindi a individuare le misure normative e i meccanismi di sorveglianza e repressione adeguati per garantire la sicurezza.
La preoccupazione in Europa è alimentata da numerosi fattori di pressione. Il cambiamento climatico prima di tutto: riscaldamento globale e fenomeni estremi favoriscono la diffusione di specie non autoctone e la permanenza non solo stagionale. Il fenomeno va anche attribuito all’allargamento dell’Europa: non è stata incrementata la vigilanza necessaria a controllare efficacemente l’introduzione di specie esotiche.  Anche il Parlamento, nelle sue ultime risoluzioni, ha collocato il controllo delle specie esotiche invadenti tra le priorità della strategia sulla biodiversità sottolineando l’importanza di combattere l’invasione delle specie e biologica, compresi naturalmente gli organismi geneticamente modificati. Si tratta di una lotta complessa. I bio-invasori sono tanti e di vari tipi: esseri viventi di tutte le forme, dai microbi agli alberi, dalle zanzare alle manguste. Non è certo un fenomeno nuovo. Da sempre fauna e flora selvatica si spostano e migrano: oltre il 90% delle culture, come il grano, il mais e il riso, e quasi tutte le tipologie di bestiame sono specie esotiche. Ma la bioinvasione ha fatto passi da gigante in un mondo sempre più senza frontiere, nel quale miliardi di persone e tonnellate di merci attraversano il pianeta nel giro di poche ore, mentre le ispezioni doganali e le quarantene si riducono spesso a una pura formalità.  L’Accademia Nazionale delle Scienze americana ha riferito che ogni anno nei porti Usa sono intercettate 13.000 malattie delle piante. Questi invasori biologici sono particolarmente dannosi: alcuni sono in grado di far fuori interi raccolti, intasare le vie d’acqua, inaridire l’ambiente lasciando strada libera a roghi e incendi spontanei. Certi microbi letali sono in grado di scatenare pandemie, come la mucca pazza e l’Aids. Inoltre, perfino quando non sono una minaccia diretta, le piante, gli animali e gli agenti patogeni esotici impoveriscono la natura, emarginando delle specie locali o creando ibridi e incroci. Un numero sempre maggiore di studiosi concorda che la bioinvasione è la più immediata minaccia alla vita sul pianeta, dopo la deforestazione e lo sviluppo incontrollato. Negli Usa sarebbero circa 50.000 i bioinvasori che provocano danni all’agricoltura, agli alberi e agli allevamenti di pesci per 120 miliardi di dollari. Sommando India, Regno Unito, Australia, Sudafrica e Brasile, i costi raddoppiano, arrivando a 228 miliardi di dollari.