Codice delle strada. Le pene più severe che fine hanno fatto?

Tiziana Montalbano

Convalida di arresto ed emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere: sono queste le misure di sicurezza avanzate dal pm Andrea Mosca nei confronti di Friedrich Vernarelli , il trentaduenne romano che l’altra notte ha ucciso due donne irlandesi con la sua auto.
La decisione del gip Luisanna Figliola arriverà però solo nella giornata di domani.
Nel frattempo indignazione e sconcerto si sollevano da più parti. Gli arresti domiciliari dati al pirata della strada, infatti, risultano una pena troppo esigua rispetto alla gravità dell’indicente. “ I giudici devono applicare una pena congrua – dichiara Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, presidente dell’Associazione familiari e vittime della strada (Aifvs) – tenendo conto della gravità del danno e del comportamento del reo, prima, durante e dopo il fatto: basta con la sospensione condizionale, che viene sempre applicata in questi casi, ci vuole l’arresto immediato che il giudice deve convalidare per almeno tre anni e la sospensione della patente per non meno di 5 anni”. Stessi toni di rivendicazione e giustizia anche per Antonello De Pierro, presidente del Movimento “Italia dei diritti”:” E’ l’ora del pugno di ferro per la salvaguardia della vita…mi ero già pronunciato a favore dell’arresto immediato e del conseguente processo per direttissima oltre all’applicazione di sanzioni alternative alla detenzione in carcere come il lavoro presso il pronto soccorso o l’obitorio”.
Innegabili e giustificate le richieste che vengono avanzate in queste ore, soprattutto se si tiene conto della preoccupante situazione di sicurezza stradale in cui versano le città e le province italiane.
Secondo i dati Istat 2006 (gli ultimi disponibili) la “top ten” della città più pericolose d’Italia vede al primo posto Roma con il triste record di 231 vittime, seguita da Milano con 100 morti e Napoli con 87.
Maglia nera per Roma che in questo ultimo mese ha visto tristemente aggravare la sua posizione.
Ricordiamo la strage avvenuta all’inizio di marzo a Fiumicino dove hanno perso la vita due donne e tre bambine per l’incidente causato da un 21enne alla guida di una Fiat Stilo, lanciata a 210 Km/h. A seguire un’ennesima tragedia, il 7 marzo, ad Ardea (Rm), dove la tredicenne Batute Oueslati è stata travolta e uccisa da una donna di 27 anni alla guida di una Mercedes, che dopo l’incidente è scappata nascondendo la macchina nel garage del fidanzato.
La dinamica pare essere sempre la stessa in ogni “omicidio”: macchine di grossa cilindrata, elevata velocità e mancato soccorso. A questi può in alcuni casi aggiungersi l’aggravante della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Secondo stime Onat (Osservatorio Nazionale ambiente e traumi) il 30 % degli incidenti stradali gravi o mortali è causato dall’abuso di alcolici, soprattutto in situazioni particolari come possono essere le serate in discoteca.
L’Osservatorio rileva, infatti, come la probabilità di causare incidenti aumenta in situazioni in cui concorrono contemporaneamente più rischi: guida a notte fonda dopo aver ballato, effetto delle luci stroboscopiche, alcool e lunghe percorrenze. Un mix che sempre più spesso si trasforma in gravi tragedie.
Quali misure adottare per fronteggiare una situazione che prende sempre più la forma di una vera e propria emergenza?
Il nucleo essenziale delle disposizioni che disciplinano la guida in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica dovuto all’uso di stupefacenti è attualmente contenuto negli articoli 186 e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992 , n. 285 e nelle successive modificazioni (all’art. 5 della legge 2 ottobre 2007, n. 160).
E’ stato proprio nel 2007 che il legislatore, con la legge n.160, ha rimodulato e inasprito le sanzioni, sia penali che amministrative per chi viola il divieto di porsi alla guida sotto l’effetto di alcool o droghe.
C’è una domanda che cerca risposte: “queste nuove misure quanto sono servite a ridurre il numero degli incidenti e dei morti sulle nostre strade?”, “ si può ancora investire e uccidere una persona senza passare una sola notte in carcere?”.
A entrambe le domande sembrano trovare una c’è una sola e unica risposta.
Se i dati e le cronache parlano chiaro questa è: “no”.
Nell’ottobre 2007 era stato presentato alla Camera dei Deputati, dall’On. Mauro Fabris (Udeur), un disegno di legge che proponeva la modifica del codice penale e del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Il d.d.l presentava come tema centrale un ulteriore inasprimento delle pene e la creazione di una fattispecie a parte quale quella del “dolo eventuale” che trasformava quest’ultimo in condotta sanzionabile.
Purtroppo, a causa della fine anticipata della legislatura, l’iter di approvazione e modifica del codice si è interrotta lasciando uno status quo che, come abbiamo visto, resta inadeguato.
Un’ insufficienza che diventa ancor più visibile quando, con stragi come quelle dei giorni scorsi, viene a perderne ulteriormente l’immagine del nostro Paese.
Un Paese che appare sempre meno sicuro e affidabile, dove i turisti in vacanza nelle belle città d’arte possono, troppo facilmente, incrociare le leggerezze dei suoi cittadini e dei suoi amministratori.
E’ perciò inevitabile adeguare ulteriormente l’impianto sanzionatorio ai livelli degli altri Paesi, dove i risultati positivi sinora ottenuti hanno permesso di ridurre drasticamente i costi sociali dell’incidentalità stradale, sia in termini di vite umane che di risorse economiche. Tutto questo porterebbe l’Italia ad allinearsi almeno nelle normative.