Direttiva UE su infrastrutture critiche: l’Italia non le ha ancora individuate

Fabrizio d'Andrea

In tempi di globalizzazione anche le misure per garantire la sicurezza hanno senso se sono individuate a livello europeo. A questo proposito l’8 dicembre 2008 la UE ha approvato la Direttiva n.114, per l’individuazione delle infrastrutture critiche dell’Unione al fine di migliorarne la protezione. I Paesi comunitari hanno tempo per adeguarsi fino al 12 gennaio 2011 e l’Italia, come al solito verrebbe da dire, sta prendendo tempo. Nel senso che gli altri Stati sono già partiti lancia in resta per fare tutte le osservazioni e analisi del caso, mentre da noi nessuno ha ancora approcciato il tema. Questo è quanto è venuto alla luce dal convegno “La protezione delle infrastrutture critiche”, che si è svolto a TechFor  2009, il Salone Internaionale sulle tecnologie per la Sicurezza (giunto alla seconda edizione) che si svolge presso gli stand della Nuova Fiera di Roma. Ma quali sono le infrastrutture critiche? Si tratta di sistemi od assetti (materiali e immateriali come trasporti, siti istituzionali o reti informatiche) vitali per l’esistenza dello Stato e la loro alterazione o indisponibilità (parziale o totale) avrebbe effetti devastanti sulla vita della collettività. L’elenco potrebbe essere molto lungo, ma è già ampiamente esemplificativo pensare a: siti istituzionali, ospedali, reti dei trasporti, reti di energia, acqua e gas, e ancora, reti informatiche o chimiche e nucleari. Quali e quanti danni, in termini di risorse finanziarie, ma anche di vite umane, possono subire queste infrastrutture? Un tema che – come è facile immaginare – è diventato di estrema attualità se ci si riferisce al terrorismo, ma che è altrettanto delicato se si pensa ai danni che possono recare calamità naturali, pandemie infettive, pirateria informatica, comportamenti negligenti o dolosi. L’obiettivo della UE è dunque quello di conoscere per poi attivare un sistema globale di reazione e di protezione in linea con gli standard del terzo millennio! A questo proposito la nostra speranza è che l’Italia non faccia come al solito e che invece di affrontare il problema all’ultimo secondo (con il proverbiale scatto di reni) dimostri a tutti la determinazione che la Direttiva richiede.