Don’t ask don’t tell, no all’abrogazione

Domenico Silvestri
Essere soldati gay per l’America resta un tabù. Non è passato ieri al Senato americano un voto cruciale che avrebbe consentito l’abrogazione della ‘don’t ask don’t tell’ , la legge in base alla quale una persona omosessuale puo’ prestare servizio nelle Forze Armate a patto che non riveli di essere gay. Nel voto sul Defense Authorization Act (un provvedimento gia’ passato dalla Camera), non e’ stato approvato l’ emendamento che prevedeva l’apertura di un dibattito in aula sulla legge. Erano
necessari 60 voti, e l’ ostruzionismo compatto dei repubblicani e di due senatori indipendenti ha imposto il rinvio del dibattito a data da destinarsi. ‘ Delusa’ la Casa Bianca che conta comunque
su un’ abrogazione della legge gia’ entro l’ anno: ”siamo delusi di non poter far avanzare questo testo – ha commentato il portavoce Robert Gibbs – ma continueremo a provarci”. La ‘don’t ask don’t tell’ (Dadt) e’ una legge vecchia di 17 anni. La introdusse nel 1993 Bill Clinton, nel tentativo di raggiungere un compromesso con l’ allora esplicito divieto nei confronti dei gay a entrare nelle forze armate. Testualmente, la legge americana proibisce a chiunque ” metta in mostra la propensione o l’ intenzione di manifestare atti omosessuali” di prestare servizio nelle forze armate Usa, perche’ ” la circostanza creerebbe un rischio inaccettabile per gli alti standard di moralita’, ordine e disciplina, e coesione che sono l’essenza dalla capacita’ militare”. Ma – sulla base appunto della legge – e’ stato possibile negli ultimi 17 anni seguire questa prassi: l’ esercito non chiede alla recluta il suo orientamento sessuale, la recluta non lo esplicita. Un atteggiamento ritenuto non solo ipocrita, ma incostituzionale: il 9 settembre scorso, infatti, la giudice della California Virginia Phillips ha stabilito che la Dadt ” viola manifestamente i diritti costituzionali”. Sotto l’ amministrazione Obama sono diventate sempre piu’ numerose e insistenti le voci a favore dell’ abrogazione, ma oggi il Partito democratico del presidente ha dovuto incassare una battuta d’arresto parlamentare in un giorno ‘ nero’ in cui e’ stata annunciata pure una nuova defezione di peso dallo staff presidenziale: Lawrence Summers, top advisor economico della Casa Bianca, lascera’ l’ incarico entro l’ anno rendendo il segretario al Tesoro Timothy Geithner l’ unico ‘ superstite’
dell’ iniziale squadra economica del presidente. Sul fronte dei soldati gay, era stato stesso ministro della Difesa, Robert Gates, e il capo degli Stati Maggiori, Mike Mullen, un paio di mesi fa erano intervenuti per manifestare la loro ” non contrarieta”’ alla revisione della Dadt. Ma all’interno dell’esercito permangono forti resistenze. Il 24 agosto scorso il generale dei Marines James Conway era uscito allo scoperto dicendosi ” assolutamente contrario” a una revisione della Dadt: ” Vi posso garantire che la stragrande maggioranza dei marines preferisce non condividere la stessa camerata con una persona apertamente omosessuale” aveva detto. Oggi anche il generale James Amos, futuro comandante dei marines, a poche ore dal voto aveva ribadito analoga contrarieta’, sottolineando che l’ eventuale abrogazione della legge costituirebbe in questo momento una ” distrazione” per i
soldati impegnati in Afghanistan. Con il suo voto, il Senato nei fatti gli ha dato ragione, anche se i democratici contano di tornare al voto entro la fine dell’ anno. Si e’ trattato di un voto che per la destra americana assume un duplice significato: da un lato rilancia la sua capacità di alzare la voce al Congresso, umiliando la Casa Bianca; dall’ altro però dimostra ancora una volta come il partito
dell’ elefantino sia ormai appiattito su posizioni estremiste e sia ostaggio dei temutissimi ‘ Tea Party’. A Washington non si esclude che questa posizione contraria all’ allargamento di un diritto civile possa irritare la potentissima lobby gay e provocare un moto di protesta contro i repubblicani in vista
delle elezioni di novembre.