Epatite B, in Italia 700mila portatori

Paola Fusco

 In Italia 700 mila persone hanno l’epatite B cronica e di queste circa il 20% subisce una progressione del danno epatico fino alla cirrosi e al cancro, rischiando, nel peggiore dei casi, di dover ricorrere al trapianto di fegato. Informazione e sensibilizzazione possono di certo svolgere un ruolo fondamentale per contrastare per tempo la malattia, (si stima che il 10% delle infezioni negli adulti possa evolvere in infezione cronica), “ma se molto è stato fatto agli inzi degli anni’90 con la campagna di vaccinazione per i nascituri, poi nel corso degli anni l’attenzione sui rischi e sulle forme di contagio si è affievolita – ha dichiarato Daniele Prati, segretario AISF, Associazione italiana studio del fegato, presentando alla stampa la prima campagna informativa itinerante – nasce così la necessità di tornare a parlare di epatite B, sensibilizzando la popolazione sui rischi che si incorrono trascurando un’epatite: sono 20 mila i casi di cancro al fegato e questa è solo la punta dell’iceberg”. Ecco perché AISF, SIGE-Società italiana di  gastroenterologia, SIMG-Società italiana medicina generale e SIMIT-Società italiana malattie infettive e tropicali, hanno fortemente voluto la campagna itinerante di informazione sull’epatite B. Il tour, che dal 18 aprile al 25 maggio farà tappa nelle principali piazze di 24 città italiane con l’obiettivo di sensibilizzare e prevenire. In ogni tappa un camper sosterà per tre giorni e i cittadini potrenno ricevere il materiale informativo sulla patologia e incontrare un medico specialista per approfondire le informazioni sull’epatite virale o per una consulenza sui rischi legati alla patologia. Nello studio medico mobile allestito a bordo del camper si alterneranno infettivologi, epatologi e gastroenterologi; all’esterno verrà distribuito materiale informativo sul fegato. Per favorire la diagnosi di una malattia spesso silente, ("circa il 30% degli adulti con epatite B non mostra sintomi particolari almeno fino a quando la patologia non diventa cronica", ha spiegato in conferenza stampa di presentazione, a Roma, Nicola Caporaso, presidente della Società italiana di gastroenterologia), un ruolo fondamentale è affidato al medico di famiglia, "che per primo deve identificare tra i propri pazienti quelli che possono avere e aver avuto comportamenti a rischio", precisa Ovidio Brignoli, vice presidente della Simg “questo tipo di anamnesi richiede particolari competenze e abilità relazionali con il paziente, il medico di famiglia dovrà anzituitto gli stili di vita del paziente (abitudini sessuali, uso di droghe, abitudine a tatuaggi o piercing) poi, identificati i soggetti a rischio potenziale, prescriverà uno screening mirato”, continua Brignoli.