GdF, operazione “Goldmine”

Paola Fusco

  I finanzieri di Palermo, in esito ad articolate indagini di polizia giudiziaria coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, su disposizione del Tribunale di Palermo, in applicazione delle disposizioni da ultimo emanate con il pacchetto sicurezza, che prevede la possibilità di confiscare i patrimoni dell’organizzazione mafiosa anche nei confronti dei successori universali e particolari,  hanno sequestrato un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare ai congiunti dell’imprenditore Paolo Sgroi, scomparso il 5 ottobre scorso, presidente e ad del CE.DI. SISA SICILIA s.p.A., già indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Le indagini traggono origine da alcune datate conversazioni ambientali intercorse tra noti pregiudicati mafiosi circa gli interessi dei vertici di “cosa nostra” nella grande distribuzione commerciale, con particolare riferimento alla suddetta s.p.a. Il prosieguo dell’attività – svolta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo su incarico della locale Direzione Distrettuale Antimafia –  ha consentito di acquisire concreti riscontri circa l’ipotesi investigativa, tant’è che l’imprenditore Paolo Sgroi – commentando un articolo stampa di un noto quotidiano, relativo ad uno dei “pizzini” sequestrati all’ex primula rossa Bernardo Provenzano – rappresentava apertamente, al suo interlocutore, che lo stesso faceva esplicito riferimento alla sua persona. A seguito di articolati accertamenti di natura tecnica e bancaria, nonché di estenuanti attività tipiche di P.G. – anche in territorio estero –  è stato individuato un consistente flusso finanziario che – da una filiale di un istituto di credito di Carini (PA) – giungeva su un conto cifrato acceso presso un istituito di credito di Lugano, nella disponibilità dell’imprenditore. E’ stato poi acclarato che l’imprenditore, venuto a conoscenza di essere nel mirino degli inquirenti, mascherava la diretta riconducibilità del proprio patrimonio a “cosa nostra” per evitare che fosse aggredito da misure ablative. Le indagini, complessivamente, hanno consentito di segnalare all’A.G. 15 persone, ritenute responsabili – a vario titolo – dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio aggravato, estorsione, intestazione fittizia di beni e altro. I beni sottoposti a sequestro, del valore complessivo di circa 250 milioni di euro, sono costituiti da 4 società commerciali con relativo complesso dei beni aziendali, 15 tra beni mobili e immobili, 86 rapporti bancari.