GdF: Perugia, scoperta una nuova maxi-frode da 25 mln. di euro nel settore dei caburanti. 13 persone arrestate

Giuseppe Magliocco

Un’ennesima maxi-frode nel settore dei carburanti per autotrazione è stata scoperta dai finanzieri del Comando Provinciale di Perugia che questa mattina hanno tratto in arresto 13 responsabili (di cui 8 in carcere e 5 ai domiciliari) residenti in Umbria, Lombardia, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Svizzera.
L’operazione delle fiamme gialle perugine, coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo umbro, è stata lunga e particolarmente complessa ma alla fine ha permesso di svelare due distinte organizzazioni (di cui una operante in ambito internazionale) per le quali un imprenditore umbro del settore rappresentava il terminale del loro “business” criminale.
Il sistema fraudolento messo in atto dai responsabili, nel dettaglio, prevedeva l’aggiramento della normativa comunitaria per la quale, in caso di acquisti di beni, l’IVA viene applicata direttamente nel paese di destinazione. In tal modo le due organizzazioni criminali avevano così escogitato sofisticati sistemi documentali volti ad evitare il pagamento dell’imposta sui carburanti (accisa), aumentando così esponenzialmente i loro guadagni ma in maniera chiaramente illecita.
La pratica consisteva nell’aver costituito in Svizzera una società che regolarmente acquistava carburanti da raffinerie site in Slovenia e Croazia. I carburanti acquistati in Est-Europa venivano quindi rivenduti, applicando un margine di guadagno, ad otto società italiane “fittizie”, vale a dire strutture commerciali esistenti solo sulla carta ma in realtà prive di qualsiasi sede e/o altro riferimento “fisico”, per di più intestate a semplici “prestanomi”.
Mentre il carburante dalle raffinerie estere veniva stoccato in un deposito fiscale italiano in attesa di giungere ai destinatari finali, avveniva l’interposizione delle finte società con false fatture riportanti un prezzo inferiore rispetto a quello acquisito dalla società svizzera con l’applicazione dell’IVA.
In tal modo gli artefici della truffa potevano far arrivare il carburante ai destinatari finali facendogli spuntare un prezzo inferiore a quello di mercato, fattore questo che, alla pompa di benzina, si traduceva in prezzi nettamente più convenienti rispetto a quelli praticati dalla concorrenza che veniva in tal modo ad essere pesantemente danneggiata dai sistemi gravemente scorretti adottati dai competitor.
Al contempo le società “fantasma” andavano ad incrementare sempre più il loro debito d’IVA nei confronti dello Stato senza mai assolverlo, mentre l’ingente margine di guadagno ottenuto da tali traffici veniva posto al sicuro su conti correnti di banche svizzere.
Analogo sistema fraudolento è stato messo in atto dalla seconda organizzazione criminale scoperta dagli investigatori, che si era invece avvalsa di un commercialista avente il compito d’individuare potenziali prestanome a cui intestare 13 società fittizie.
In questa circostanza era però prevista una “variante, che aveva l’obbiettivo di rendere più complessa la ricostruzione delle operazioni illecite e che si sostanziava nella presentazione di alcune particolari dichiarazioni – tecnicamente chiamate “dichiarazioni d’intenti” – attraverso le quali le stesse società attestavano di essere esportatori abituali di carburanti per autotrazione, particolarità questa che permetteva di traslare sulle stesse il derivante debito IVA (ovviamente mai assolto a causa della loro sempre puntuale sparizione nel nulla).
In capo a questi due gruppi delinquenziali gli investigatori della GDF hanno individuato qualcosa come 21 società intestate a meri prestanome e create con il solo scopo di non assolvere i debiti con l’Erario. Società “fantasma” che – nell’arco di un solo biennio – hanno potuto realizzare una frode ammontante ad oltre 25 milioni di euro.
Proprio in relazione all’enorme buco causato dalla colossale frode, l’Autorità Giudiziaria ha già disposto il sequestro preventivo (di pari importo) sui conti correnti, sulle quote societarie, sui beni immobili e immobili riconducibili agli arrestati e alle società coinvolte nella vicenda.