GdF, sgominata associazione a delinquere

Tiziana Montalbano

Nei giorni scorsi, il Nucleo di Polizia Tributaria di Genova della Guardia di Finanza ha concluso un’operazione, durata due anni e mezzo, nei confronti di un’associazione per delinquere, attiva nel centro-nord Italia, che ha organizzato un vorticoso giro di fatture false, relative alla commercializzazione di prodotti informatici, pari a quasi mezzo miliardo di Euro. In particolare, le indagini di polizia giudiziaria e tributaria condotte – originate da accertamenti nei confronti di una società genovese che è risultata essere “evasore totale” –  hanno consentito di smantellare un sodalizio criminale dedito alla realizzazione di una “frode carosello” ai danni dell’Erario, di denunciare alla locale Procura della Repubblica 8 persone – una residente a Genova, una a Torino, una a Parma, una a Roma, tre in provincia di Torino, una in provincia di Milano, alcune delle quali con precedenti in materia di truffa, associazione per delinquere e traffico di sostanze stupefacenti – e di individuare 10 soggetti (di cui 8 completamente sconosciuti al fisco) che hanno emesso le fatture per operazioni inesistenti, 6 cartiere. Scendendo nei dettagli, il sistema di frode individuato è un’evoluzione delle tipiche frodi carosello sugli scambi intracomunitari, combinato con elementi propri della truffa mediante utilizzo di atti falsi e sostituzione di persona. Come è noto, negli scambi tra venditore ed acquirente italiani l’IVA viene assolta dal venditore. Per gli scambi tra paesi dell’Unione Europea, invece, dal 1993 è in vigore la disciplina degli “acquisti intracomunitari” che, sotto il profilo contabile, comportano la cosiddetta “doppia registrazione”: l’acquirente (nel nostro caso) italiano integra la fattura ricevuta dal venditore comunitario con l’ammontare dell’imposta provvedendo inoltre a registrarla nel registro delle fatture emesse (in tal modo si crea il debito d’IVA); correlativamente è ammessa la detrazione dell’imposta per il pari importo cosicché la fattura viene anche annotata sul registro degli acquisti. Così operando, l’effetto pratico dell’acquisto, sotto il profilo dell’IVA, diventa neutro per l’acquirente (IVA a debito e IVA in detrazione si compensano, annullandosi), ma l’imposta  è applicata quando, a sua volta, quest’ultimo provvederà a rivendere il bene in ambito nazionale, emetterà fattura “aggiungendo” l’IVA e verrà così ad assumere il reale ed effettivo debito d’imposta (consistente nell’obbligo di versare all’Erario l’importo pari all’IVA pagatagli dal cliente italiano). A questo punto, appare chiaro che un’impresa nazionale, la quale operi abitualmente acquistando beni da un’impresa comunitaria e rivendendoli ad altro soggetto nazionale, accumula un importante e crescente debito d’IVA, che aumenta via via che le merci sono immesse nel mercato interno. Risulta quindi intuitiva la ragione per cui la normativa in esame si presta ad essere “sfruttata” da condotte criminali gravissime ed insidiose: attraverso l’interposizione di una società – definita “cartiera”, riconducibile a prestanome senza alcuna competenza specifica – che acquisti fittiziamente dal fornitore comunitario e rivenda al reale compratore assumendosi quindi l’integrale debito d’imposta, l’effettivo acquirente si trova ad utilizzare fatture alle quali è applicata l’IVA, così da assumere il correlativo diritto alla detrazione; gli importi pari all’IVA, formalmente versati dal reale acquirente all’interposto, vengono poi variamente “spartiti” tra i due interessati atteso che, di regola, l’interposto stesso non presenta alcuna dichiarazione ovvero pur presentandola non provvede ovviamente al pagamento dell’imposta. In questo disegno, ovviamente, la merce spedita dal venditore comunitario viene consegnata direttamente all’effettivo acquirente. Talvolta, nel disegno fraudolento compare anche la cosiddetta “società filtro”, soggetto non indispensabile per la frode, che svolge le funzioni di “stabilizzatore”, per effetto dell’interposizione tra la cartiera e l’intermediario. Essa, infatti, acquista le merci dalla cartiera e le rivende immediatamente all’intermediario, emettendo regolare fattura. La società filtro provvede all’effettivo versamento del saldo IVA pari alla differenza fra il credito derivante dall’acquisto della merce – che corrisponde all’IVA formalmente versata dalla società cartiera – e l’IVA a debito determinata dalla cessione della merce all’intermediario. Tale interposizione consente quindi di creare un filtro che potrebbe ostacolare la connessione diretta tra la società cartiera e l’effettivo cessionario della merce. Il meccanismo descritto oltre a fruttare un indebito guadagno, ha consentito ai protagonisti della frode stroncata dai finanzieri genovesi di essere molto competitivi sul mercato. L’indagine conclusa ha permesso di accertare che sono stati acquistati ed introdotti in Italia prodotti informatici per un volume complessivo di 300.000.000 di Euro circa. Alcuni dei soggetti coinvolti sono stati individuati grazie ad un attento lavoro di analisi delle “tracce elettroniche” lasciate dagli ideatori della frode, che non comparivano mai di persona ma si limitavano a fornire le istruzioni alle società “cartiere” con strumenti informatici e che, per questi motivi, non erano riconoscibili dagli stessi appartenenti all’organizzazione. Infatti, le complesse indagini hanno rivelato un ingegnoso e deplorevole sistema di reclutamento di soggetti prestanome, “ingaggiati” presso ospedali tra persone con problemi di salute o handicap motori, che difficilmente avrebbero potuto svolgere normale attività lavorativa, in modo tale da indurre una sorta di sudditanza psicologica mista a riconoscenza. In alcuni casi, gli autori della frode hanno agito con il “furto” delle identità e sostituzione di persona in danno di ignari cittadini, mediante utilizzo di documenti d’identità e codici fiscali sapientemente falsificati. Tali documenti erano così abilmente contraffatti da ingannare, in diverse occasioni, notai, funzionari di banca e pubblici ufficiali che hanno sottoscritto e rogato atti notarili e societari falsi. Basi logistiche dell’organizzazione sono state individuate in Lazio, Lombardia, Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna, ove un noto imprenditore in campo informatico, residente a Parma, è risultato essere il promotore della frode. E’ stata sottoposta a sequestro documentazione bancaria e fiscale proveniente da diversi Istituti di credito. Oltre all’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, i reati contestati sono: sostituzione di persona, ricettazione, falso in atto pubblico, emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante annotazione di fatture per operazioni inesistenti. Per quanto di eventuale utilità, si allega uno schema grafico delle frodi carosello.