GdF: Verona, scoperta una nuova vicenda di immigrati clandestini assunti fittiziamente in aziende italiane

Oriol De Luca

Continuano a saltar fuori vicende in cui personaggi senza troppi scrupoli, sfruttando il fenomeno dell’immigrazione clandestina, approfittano dello stato di clandestinità di queste persone facendosi pagare profumatamente per fornirli di false documentazioni, magari andandole contestualmente ad impiegare nel c.d. “lavoro nero” in favore di attività produttive che poi sottopagano gli immigrati (o non li pagano affatto), giovando spudoratamente della loro necessità di dover guadagnare qualche soldo, ed andando per di più a danneggiare le altre aziende che la loro forza-lavoro, invece, la retribuiscono secondo quanto previsto dalle norme in materia e dunque con costi aziendali nettamente superiori.
L’ultima storia in ordine di tempo è venuta stavolta alla luce grazie ad un’indagine condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Verona, i quali hanno dato esecuzione – tra le provincie di Verona, Treviso e Udine – a quattro misure cautelari personali disposte dal GIP del Tribunale scaligero nei confronti di altrettanti soggetti e con il coinvolgimento in totale di 13 persone (di nazionalità italiana e marocchina), per le quali si ora ipotizza il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina mediante la produzione di falsa documentazione, sfruttamento di manodopera irregolare, riciclaggio ed autoriciclaggio dei proventi illeciti così ottenuti.
Ai responsabili di tale sordido business le fiamme gialle veronesi sono arrivate eseguendo una capillare analisi dell’operatività di aziende operanti nel territorio di competenza, con particolare riguardo a quelle attive nel settore della fornitura di manodopera, accentrando così le loro attenzioni nei confronti di una ditta individuale che risultava aver assunto nel triennio 2014/2017 oltre 300 persone (tutte di origine extracomunitaria) pur avendo cessato da tempo la propria attività.
Per investigatori economico-finanziari decisamente avvezzi ad estrapolare ed interpretare dati come questi, la circostanza si palesava già come poco chiara e difficilmente realizzabile, per questo hanno dunque avviato da subito i controlli anche verso altre due aziende collegate, scoprendo così che le assunzioni (poi rivelatesi del tutto fittizie) superavano la quota delle 500 unità.
Allargando il campo delle indagini, i militari della GDF sono quindi risaliti a due studi di consulenza del lavoro, siti a Vicenza e Padova, scoprendo che gli stessi producevano ad hoc contratti di lavoro e buste-paga, le quali poi venivano utilizzate per dimostrare la regolare assunzione e retribuzione degli immigrati, che potevano cosi giustificare la loro permanenza in Italia. Ovviamente il tutto aveva un suo “costo” che per gli immigrati si traduceva in una somma che, in base ad uno specifico “tariffario”, poteva arrivare sino a 400 euro.
Le sorprese però non finivano qui, giacché i finanzieri veronesi scoprivano come le aziende coinvolte nell’indagine utilizzassero solo in minima parte gli stranieri così “assunti”, reclutando per lo svolgimento delle proprie attività altri clandestini, i quali venivano utilizzati (sotto la stretta sorveglianza di 3 “caporali” marocchini ed alloggiati in strutture fatiscenti) da aziende del veronese operanti nel settore agricolo e zootecnico.
Tale “sistema” fraudolento ha tra l’altro comportato una consistente frode fiscale che gli investigatori della Guardia di Finanza quantificano in oltre 1.200.000 euro.
In un momento storico in cui la presenza di soggetti in stato di clandestinità comporta grandi problemi di ordine e sicurezza pubblica in tutta l’Unione europea, fa senz’altro pensare come l’avidità senza dubbio delinquenziale di taluni personaggi e di alcune aziende non li faccia esitare comunque nello sfruttare la situazione pur di trarne un indebito vantaggio d’ordine economico che però minaccia interessi basilari della collettività prima ancora che quelli dell’Erario.