Dal cruscotto delle auto alla schiena dell’uomo. Per rivoluzionare il concetto di sicurezza di chi va in moto. Non solo sulle piste ma, soprattutto, sulle strade cittadine. Perché se l’airbag computerizzato inserito all’interno delle tute di Valentino Rossi o Marco Simoncelli è già una realtà, presto potrà essere indossato come un semplice gilet da tutti i centauri. L’idea viene da lontano e, racconta Lino Dainese, il fondatore dell’azienda vicentina che l’ha sviluppata, potrà trovare le più diverse applicazioni: “È già da una decina d’anni che abbiamo capito che le tradizionali protezioni ispirate al mondo naturale, cioè i corpetti e i paraschiena nati negli anni Settanta, non erano più sufficienti. La migliore soluzione per proteggere il corpo umano è l’aria. Non solo in caso di incidenti sulle due ruote, ma anche sulla neve, in tutti gli sport estremi, sul lavoro e per tutelare meglio i bambini che viaggiano in auto”. Tre sacchi protettivi montati in quello che sembra un comunissimo gilet, da indossare sopra il giubbotto o una semplice maglietta. Pronti a gonfiarsi in 30 millisecondi per attutire l’impatto con l’asfalto di collo, torace e spina dorsale. La sfida più complicata è quella di fare in modo che gilet e motocicletta non abbiano alcun vincolo fisico l’uno con l’altra, e che il loro dialogo sia il più possibile “intelligente”: “Esistono modelli in cui l’airbag è collegato alla moto attraverso una cordicella — spiega Dainese —. Si tratta di soluzioni primitive, il nostro D-air utilizza una tecnologia assai più sofisticata e puntuale, in cui l’attivazione delle protezioni viene gestito attraverso accelerometri e giroscopi”. I modelli da pista hanno fatto il loro debutto due anni fa a Valencia e dal febbraio scorso vengono abitualmente impiegati durante i Gran Premi. Sui circuiti però le tipologie di caduta sono poche, mentre in strada aumentano i pericoli e con essi le dinamiche degli incidenti: non solo scivolate ma scontri con altri mezzi o con marciapiedi e muretti. È per questo che il sistema necessita di studi più approfonditi. Al lavoro sul «D-air Strada» c’è un team di 50 persone tra tecnici, ingegneri e medici che si avvalgono delle consulenze di centri di eccellenza tecnologica come il Politecnico di Milano, l’Imperial College di Londra e l’Università di Tel Aviv: “La questione più delicata è mettere a punto l’elettronica da alloggiare sulla moto. Nella primavera del 2010 abbiamo in programma una serie di test decisivi. Il prodotto sul mercato? Ci arriverà nel giro di un paio d’anni, nel 2011. Sarà davvero un bel momento, soprattutto perché quando ebbi l’idea dell’airbag tutti dissero che sulle due ruote sarebbe stato impossibile”.