Le Pmi italiane, tutelando il proprio credito estero, possono disporre di oltre tre miliardi di euro

redazione

L’export italiano previsto nel 2022 è pari a 600 miliardi di euro. Dei 45 di questi che sono a rischio di ritardato pagamento se non di insolvenza, oltre tre potrebbero essere recuperati a vantaggio delle Pmi italiane, indebolite prima dalla pandemia, oggi alle prese con l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime, conseguente alla guerra alle porte dell’Europa iniziata nel febbraio scorso con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le Pmi potrebbero così superare la loro storica sottocapitalizzazione, disporre di una forma di finanziamento alternativa a quella bancaria, investire in innovazione, essere competitive e crescere sui mercati. È quanto emerge da uno studio realizzato da Invenium Legaltech, startup fintech milanese specializzata nella gestione del credito internazionale. 

L’export italiano vale quasi un terzo del Pil. Nel 2022 le esportazioni di beni e servizi dall’Italia verso i mercati esteri toccheranno quota 600 miliardi (proiezione Invenium Legaltech su dati Istat), un valore pari a oltre il 30% della ricchezza del Paese. Protagonisti di tale performance sono le 200mila Pmi nazionali, organizzazioni che hanno tra i 10 e i 249 addetti e un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro annui. Queste numericamente rappresentano solo il 5% del tessuto imprenditoriale, ma sono responsabili del 41% del fatturato generato in Italia, del 33% degli occupati del privato e del 38% del valore aggiunto del Paese. Tuttavia, un’azienda su sei ha problemi di capitale e di liquidità e gli strumenti alternativi al finanziamento bancario (minibond, crowdfunding, invoice trading, direct lending, ICOs, private equity e venture capital, quotazioni in Borsa su listini specifici per Pmi come Euronext Growth Milan) sono in aumento, ma non bastano nella congiuntura negativa attuale. Dal cinque al 10% dei crediti internazionali sono a rischio di ritardato pagamento se non di insolvenza nei casi peggiori, una cifra in Italia pari a 45 miliardi dei 600 complessivi previsti nel 2022. Di questi 45 possiamo stimare che il 25%, equivalente a 11,25 miliardi, possa “cronicizzarsi” in un effettivo mancato pagamento sul quale è necessario avviare l’attività di credit management internazionale. La media di successo nelle controversie estere può andare dal 20 al 40%, che corrisponde a un valore di oltre tre miliardi di euro disponibili per le Pmi.

“Tutelare il credito – afferma Paolo Colombari, CEO Invenium Legaltech – significa risolvere uno degli annosi problemi delle Pmi italiane. Queste soffrono di mancanza cronica di capitali e ricorrono di continuo alla leva bancaria. A parità di dimensioni medie, le nostre Pmi fanno impresa con il 17% di capitale proprio, mentre in Usa e Regno Unito si ha una media del 70%, e gli altri Paesi Ue si collocano intorno al 40%. Gli esportatori operano in un ambiente che diventa ogni giorno più complesso. Oltre ai rischi legati al commercio internazionale (fluttuazioni dei tassi di cambio, interruzioni della catena di approvvigionamento, questioni ambientali etc.), devono affrontare sfide legali e normative, nonché la criminalità informatica internazionale, o eventi straordinari come una pandemia globale o conflitti militari, come quello in atto in Ucraina, che portano a criticità e mancati pagamenti. La tecnologia può rendere i servizi legali più accessibili, efficaci e veloci nel gestire le problematiche giudiziarie. Fare una simile scelta consente alle aziende di disporre del credito, una fonte di liquidità e di capitale di rischio, che potenzialmente è sempre e già disponibile”.