L’invasione di Putin sveglia l’Europa: è l’ora della Difesa comune Europea

Lorenzo Della Corte

Se il blitz ordinato da Vladimir Putin all’alba del 24 febbraio doveva
essere un’azione rapida e risolutiva, la strategia dell’ex Kgb non è
risultata vincente. Infatti, la scelta di invadere l’Ucraina, per ribadire
all’Alleanza atlantica che vi è una linea rossa oltre la quale non è
permesso l’accesso alle influenze occidentali, non ha ancora portato
alcun beneficio al Cremlino, anzi ha risvegliato dal proprio torpore e la
Nato e l’Unione Europea, rendendo in tal modo realtà gli incubi più
profondi del subconscio russo.
La coscienza russa, violentata nel corso dei secoli da numerose e
diversificate scorribande all’interno del proprio territorio, è vittima di una
sindrome dell’accerchiamento che la porta ad azioni preventive volte a
tutelare le proprie terre da eventuali incursioni esterne. Tra le varie
motivazioni che hanno indotto Vladimir Putin a invadere l’Ucraina e
riportare, così, indietro le lancette del tempo vi è, senz’altro, questo
timore ancestrale. Timore che però, suo malgrado, ha reso effettivo quel
che, fino a poco prima del febbraio ‘22, non era altro se non un’ipotesi in
embrione: ovvero il progetto della Difesa comune Europea.
Infatti, successivamente all’entrata dei tank russi in terra ucraina, il
processo di cooperazione militare comunitario ha avuto una repentina
sterzata, divenendo il problema prioritario dell’agenda europea.
Un passo fondamentale verso una politica estera unitaria e una maggiore
cooperazione a livello di difesa comune è stato fatto grazie alla storica
decisione del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz di stanziare, una
tantum, oltre 100 miliardi di euro per la Bundeswehr e promettendo,
inoltre, la destinazione in futuro di un ulteriore 2% del Pil alla spesa
militare. Una decisione epocale che la classe politica tedesca ha ritenuto
necessario adottare visto il mutare dei tempi. «Se il mondo è un altro,
anche la nostra politica deve essere un’altra», ha tenuto a precisare la
ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock.
Mutare dei tempi che è stato colto anche dal resto delle cancellerie
d’Europa che hanno compreso che, oggi, la spesa militare non è solo una
spesa, ma diviene un investimento.
«Spero che il conflitto non duri a lungo» – ha affermato a la Repubblica
l’Ammiraglio Cavo Dragone, Capo di Stato maggiore della Difesa – «ma
la nuova postura che i paesi della Nato dovranno assumere sarà duratura
nel tempo. Questo drammatico shock servirà ad accelerare il processo di

genesi della Difesa Europea. Che sarà complementare alla Nato ma è
diventata indispensabile: è la prima lezione netta della guerra».
Una lezione recepita anche dalla Commissione Europea che, attraverso le
parole del Commissario Gentiloni rilasciate in un’intervista a La Stampa,
ha ribadito come sia necessario per l’Unione non farsi trovare
impreparata di fronte questa nuova sfida che si presenta sul territorio del
Vecchio continente.
«Il 24 febbraio ha cambiato il corso della storia europea» – ha dichiarato
il commissario Gentiloni a Marco Bresolin – «ci ha fatto capire che la
libertà non è un optional lussuoso e ci ha tolto l’illusione di un ritorno alla
normalità, ma soprattutto ci impone un salto, un secondo momento
costituente dopo il successo del primo. Con il Covid è stato il momento
della solidarietà, oggi è quello dell’autonomia. Soprattutto in campo
energetico e in quello della Difesa».
L’Europa, come sostenuto anche dal premier Draghi, si sveglia
dall’illusione di aver conquistato, in maniera definitiva, la pace, la
sicurezza e il benessere e, proprio per questo, sarà opportuno continuare
nel processo di integrazione tenendo presente che, viste le sfide che
siamo tenuti ad affrontare, rimandare al domani potrebbe essere troppo
tardi.