L’occhio discreto del Nurc

Caterina Grosso

Purché non si parli di sottomarini –  ce ne sono ancora molti nell’oceano, quelli cinesi e indiani in particolare sono in aumento esponenziale e per intercettarli sono in atto attività di  ricerca ovviamente top secret – varcati i cancelli del Nurc, Nato Undersea Research Centre, unico centro di ricerca Nato in Italia, sede alla Spezia all’interno della  Marina Militare, si apre un mondo sconosciuto e affascinante. Francois Regis Martin Lauzer, direttore del centro, fondato in Italia nel 1959 dagli americani e integrato nella Nato nel 1964, snocciola gli attuali ambiti di applicazione della ricerca. “Dal 1989, dalla caduta del Muro di Berlino e fine della Guerra Fredda – racconta Lauzer – lavoriamo attivamente nel settore delle tecnologie marittime e navali per promuovere l’innovazione marittima e supportare le necessità operative e di trasformazione della Nato” . Per navale si intende tutto ciò che è collegato alla marina militare e per marittimo, occorre precisarlo, si intendono le attività dei porti commerciali, della logistica e della sicurezza. Protezione dell’ambiente, sicurezza marittima, sorveglianza del traffico marittimo, protezioni dei porti, lotta ai sottomarini sono gli ambiti  in cui il Nurc opera per mettere a punto  tecnologie sempre più  avanzate, oppure, come spiega Lauzer, per individuare nuove applicazioni per vecchie tecnologie temporaneamente abbandonate e che ora possono essere utilizzate per nuovi obiettivi. “Quest’anno il Nurc festeggia i suoi primi 50 anni di attività – racconta Martin Lauzer – e si prepara a riprogettarsi per i prossimi cinquanta”.  La protezione dei porti dal terrorismo, ad esempio, si esplica nello scoprire, segnalare eventuali minacce  e contrastarle. La difficoltà sta proprio nell’ultima fase, come per tutti i corpi di polizia: garantire sicurezza senza utilizzare armi e senza conseguenze letali per le persone. Nessun margine di errore è consentito. Il Centro sviluppa sistemi sonar e radar e strumenti elettro-ottici; le informazioni vengono poi incrociate per cercare di  individuare i comportamenti anomali e per trattarli di conseguenza. Ad esempio in un  golfo con un porto commerciale  e in piena estate con il pullulare di migliaia di barche e yacht come fare la differenza tra un tranquillo diportista e un criminale, un  contrabbandiere o un terrorista? La difficoltà sta anche nel disporre di più uomini in mare e, in un periodo di restrizioni economiche, aumentare i mezzi della Guardia Costiera o della Polizia non è semplice. “Per questo al Nurc  si lavora alla ricerca  sugli AUV (Autonomous Underwater Vehicles) e sugli ASV (Autonomous Surface Vehicles) – spiega Lauzer – in pratica robot che in mare operano in superificie o in profondità. Per il momento il Centro dispone di otto robot sottomarini flottanti o motorizzati e due mezzi di superficie senza equipaggio. L’unico limite dei robot è l’autonomia alquanto limitata, quindi non possono essere utilizzati troppo al largo o solo in prossimità di una piattaforma. Così si lavora per ottenere robot con autonomia di sei mesi, destinati anche per la protezione ambientale e il monitoraggio dei mammiferi marini nel mar ligure, nel Santuario dei Cetacei con cui il Nurc collabora.  “Il Centro sta sviluppando la robotica perché è il futuro in tutti i settori. In campo militare i robot permettono di evitare perdite di vite umane, nell’ ambito civile consentono di ottenere più risultati impiegando meno persone” spiega Lauzer, ma, va sottolineato, i robot non creano disoccupazione in quanto sono utilizzati per attività supplementari. In campo ambientale sono impiegati nelle aree marine protette. In un parco naturale della Toscana oltre a monitorare la presenza di fauna e flora, segnaleranno la presenza dei pescatori  di frodo. Minacce ben più terribili che si nascondono in mare sono le IED (Improvise Explosion Devices) rischio di esplosioni sottomarine, tragica attualità in Irak e Afganistan e la pirateria che sta vessando il Golfo di Aden con pesanti conseguenze per il traffico marittimo.