"Poliziotti razzisti" non è reato

red

Dare dei razzisti ai poliziotti che travalicano i loro poteri non è reato. Lo ha deciso la Cassazione, per la quale "criticare l’operato degli agenti di polizia rientra nel diritto dei cittadini di sottoporre a controllo e a valutazioni negative l’azione dei pubblici funzionari, che appaiano difformi rispetto alle norme di legge e ai supremi principi della nostra Costituzione". Il caso è quello di un giovane residente a Firenze che sei anni fa aveva assistito a un controllo delle forze dell’ordine in cui un gruppo di agenti aveva bloccato due senegalesi e, secondo il racconto dell´uomo, le maniere usate furono piuttosto forti e il controllo dei documenti durò circa un´ora. Nel frattempo chiunque passasse veniva allontanato. «Qualcuno li offendeva – ha dichiarato De Vito al giudice – Io chiedevo con insistenza cosa stavano facendo, come mai si comportassero così. Tra l´altro gli immigrati parlavano solo inglese e non capivano cosa stava succedendo». Dopo vennero chiesto i documenti al testimone. «Dissi che erano tenuti a rispettare le leggi. Aggiunsi che spesso le politiche repressive rispondano a una mentalità discriminatoria». Più avanti all´uomo è stata notifica una denuncia. «Cinque agenti mi avevano querelato per ingiurie. Hanno sintetizzato i miei discorsi di quella sera in un ‘Siete dei razzisti’». De Vito è stato condannato dal giudice di pace di Firenze, Alfredo Iorio, a mille euro di multa. L´avvocato Saldarelli ha fatto ricorso alla Cassazione, che adesso ha assolto l´imputato dall´ingiuria aggravata. «Al di là della liceità o meno dell´utilizzo del termine "razzista", ritenuto giustificato dalla Cassazione perché rivolto a pubblici ufficiale che avevano atteggiamenti vessatori nei confronti di appartenenti a minoranze etniche – spiega il legale – a mio avviso si tratta di una motivazione importante per i principi fondamentali che evoca quali la libertà di manifestazione del pensiero e il rapporto tra cittadini (e anche non-cittadini) e pubblici poteri, ma anche perché costituisce un monito a certe tendenze legislative, espressione di una concezione autoritaria dello Stato, contraria alla Costituzione». Per la Cassazione il diritto di critica delle forze di polizia è fondamentale: «Queste valutazioni sono di immediata rilevanza sociale, perché dalla loro formulazione, indenne da reazioni punitive da parte dello Stato, dipende la sussistenza e il consolidarsi della democrazia nel nostro paese».