Protetti o spiati? Telecamere ovunque per la sicurezza

Valentina Parisi

Riprese al cimitero del Verano, varchi elettronici per accedere al centro storico, videosorveglianza nelle metropolitane. Siamo costantemente sotto l’occhio delle telecamere.
Utilizzata per assicurare maggiore sicurezza, la videosorveglianza, è diventata un affare da 1700 milioni di euro l’anno. In Italia, il record lo raggiunge Reggio Emilia, con una telecamera ogni 650 abitanti, Roma con 2000 telecamere, Milano con 700, Napoli con 440, di cui il 50% è fuori uso per problemi tecnici e Bologna con 290. I dati stimati non sono certi, perché nessuno conosce realmente quante telecamere sono in funzione, ma una cosa è certa: è un fenomeno in continua crescita che divide l’opinione tra chi si sente privato della propria libertà e chi si sente più sicuro e protetto.
Non sempre però, la videosorveglianza dà i risultati sperati. A Roma, i 1400 obiettivi, dislocati nelle linee della metro, hanno permesso di identificare Doina Matei, la romena che ad Aprile scorso uccise Vanessa con un’ombrellata in un occhio, mentre a Torre del Greco, in provincia di Napoli, il costoso sistema comunale non è servito per identificare l’assassino del duplice omicidio di camorra, avvenuto a Gennaio.
Perché si registra un fatturato così alto, e poi le telecamere vengono disattivate, o non funzionano regolarmente? Uno dei responsabili della Elsag Datamat Spa ha spiegato: “ Noi ci occupiamo dell’installazione dell’impianto, e non sempre il mittente ci commissiona la manutenzione, che spesso viene gestita da chi richiede un impianto di videosorveglianza. Nel caso contrario invece, quando nel contratto viene stabilito un rapporto di controllo, siamo noi che ci occupiamo di garantire l’efficienza del sistema”.
Gli occhi elettronici che ci seguono 24 ore su 24, leggono la nostra targa agli incroci, ci controllano nei supermercati e sorvegliano i malati nelle rianimazioni, sollevano polemiche da parte di coloro che si sentono spiati e controllati nella vita personale. Franco Pizzetti, presidente del Garante della Privacy, ha dichiarato ha un quotidiano italiano, che il ricorso all’occhio elettronico è eccessivo, e lo testimonia il provvedimento che lui stesso ha preso nei confronti di Arese, in provincia di Milano, dove è stato ammonito il comune perché aveva installato telecamere che arrivavano a guardare fino all’interno delle abitazioni. Invece, le telecamere sono viste come uno strumento insostituibile per la tutela della sicurezza dal ministero dell’Interno, che nel novembre dello scorso anno ha stanziato 7 milioni di euro per videosorvegliare la camorra a Napoli.
In attesa che si trovi un equilibrio tra diritto alla privacy e bisogno di sicurezza, l’Autorità per la tutela dei dati personali ha stilato un decalogo per l’uso corretto delle telecamere, nella speranza che venga rispettato.