Rapporto Isfort: "Il nostro è un popolo a 4 ruote"

Valentina Parisi

Facciamo oltre tre spostamenti al giorno, trascorrendo più di un’ora su un mezzo di trasporto. Prevalentemente l’automobile. Una marea di macchine che ogni mattina assedia le grandi città del Belpaese con tutto quello che ne consegue in termini di costi economici e ambientali. Un popolo a quattro ruote che non vede alternative all’utilizzo della propria macchina, in parte per la scarsa efficienza dei mezzi pubblici, in parte per carenza culturale.
Questa è la fotografia scattata dall’Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti (Isfort) e rappresentata nell’ultimo “Rapporto congiunturale sulla domanda di mobilità degli individui”. Nell’intervista, rilasciata subito dopo la presentazione del documento, Carlo Carminucci, direttore del settore ricerca di Isfort, ha così illustrato i risultati più significativi posti in luce dal rapporto.

D- Quali sono i dati su cui, a suo parere, conviene riflettere?

R- Gli elementi più interessanti sono tre. In primo luogo nel 2007 c’è stata una crescita dei consumi di mobilità. Ciò significa che gli italiani, in generale, si spostano di più. E’ vero che si allungano le percorrenze, quindi i chilometri percorsi, e il tempo dedicato alla mobilità, però diminuisce leggermente la quota di persone che ogni giorno si spostano. Si tratta di un modello, così come noi lo abbiamo definito, più “intensivo” rispetto a quello rappresentativo dell’ultimo biennio.
In generale, si rileva un’espansione della domanda e questo anche il linea con un anno congiunturale, il 2007, che è stato un anno positivo.
Il secondo elemento rilevante riguarda le motivazioni degli spostamenti. Si rafforza la componente della mobilità per il tempo libero e per la gestione familiare rispetto invece a quella più sistematica legata al lavoro e allo studio. Questo non significa che la quota di pendolari sia meno importante e non rappresenti una fetta consistente della domanda di trasporto e di mobilità, però in proporzione si rileva una crescita (tecnicamente si chiama “frammentazione della mobilità”) delle motivazioni non sistematiche legate appunto al tempo libero e la gestione familiare.
Il terzo elemento è che tra i mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti, in generale il trasporto pubblico resta assolutamente minoritario. Anzi nel 2007 sembra diminuire ulteriormente la sua quota di mercato a tutto vantaggio dell’automobile, che invece detiene una situazione monopolistica. Questo è un elemento abbastanza preoccupante per le politiche urbane e di mobilità. E’ un dato che, tra l’altro, ci differenzia dagli altri paesi europei dove gli spostamenti con il trasporto pubblico o non motorizzati, quindi a piedi o in bicicletta, sono molto più rivelanti.

D- Questo accade, secondo lei, perché il servizio pubblico è carente nel nostro Paese?

R- C’è un problema di “cultura della domanda”, nel senso che ci sono delle abitudini radicate nell’utilizzare mezzi privati. Non dimentichiamo che in Italia c’è il più alto tasso di motorizzazione, il più alto numero di autovetture per abitante. In Europa, rispetto a questo dato, l’Italia si colloca dopo il Lussemburgo e nel mondo dopo gli Stati Uniti. Prevale uno stile di vita che si lega molto all’automobile per poi riflettersi negli stili di mobilità che non sono facili da superare. Dal lato dell’offerta, l’alternativa del trasporto pubblico è sicuramente ancora carente per quantità del servizio e probabilmente anche per qualità. Per accrescere qualità e efficienza devono essere investite di certo molte più risorse nel trasporto pubblico. E’ un sistema che va migliorato, ma ci si scontra anche con le abitudini degli italiani.

D- Nonostante il sensibile aumento della benzina e i costi di manutenzione, gli italiani persevereranno nelle loro abitudini?

R- Nel 2007 c’è stato un cambiamento. Nella seconda parte dell’anno è diminuito l’uso delle automobili rispetto al primo semestre, anche se il saldo complessivo resta positivo. C’è da considerare un "effetto di ciclo economico" che incide sui consumi di mobilità. Tra il 2000 e il 2005, quando la congiuntura economica è stata negativa, la crescita è stata prossima allo zero e effettivamente il trasporto pubblico aveva leggermente recuperato quote di mercato. Appena si è avvertito un minimo di ripresa economica, subito sono aumentati i consumi di mobilità che sono stati completamente assorbiti dall’automobile. Con l’aumento dei costi della benzina e la nuova curva negativa del ciclo economico, nell’ultimo trimestre del 2007 abbiamo registrato una frenata. In generale, questo ciclo congiunturale si incrocia con dei modelli strutturali di comportamento. Gli italiani, appena hanno qualche soldo in più, tendono a spostarsi dal trasporto pubblico all’automobile. Questo sistema, ovviamente, non può funzionare perché, soprattutto nelle città, il trasporto pubblico dovrebbe essere la prima scelta, nel senso che l’automobile andrebbe presa in extremis. L’italiano medio viceversa per prima cosa prende l’auto ma, se non può raggiungere un luogo con l’automobile, magari perché difficilmente troverebbe parcheggio, solo allora sceglie l’alternativa, ma questa non è considerata certo quella migliore.

D- Se i mezzi fossero adeguati e efficienti, l’italiano opterebbe per il trasporto pubblico?

R- Sarei tentato di dire no, proprio per quanto detto prima. Ma questo difetto culturale non deve costituire un alibi per il miglioramento dell’offerta, del trasporto pubblico e dei servizi. Ci sono spazi enormi per migliorare il servizio e, quando parlo di miglioramento, non intendo l’aria condizionata sull’autobus, anche se importante. Il dato principale che registriamo è che gli italiani non prendono il mezzo pubblico perché lo ritengono poco accessibile, hanno difficoltà a trovare le corse, gli orari, perché ritengono che il mezzo pubblico impieghi troppo tempo per condurli a destinazione. Bisogna quindi che il servizio aumenti e si velocizzi nel traffico, ad esempio, attraverso un sistema di corsie preferenziali, oppure più metropolitane, più tram, più autobus. In questo modo i cittadini percepirebbero il miglioramento del trasporto e questo potrebbe spostare una parte delle abitudini di mobilità verso il servizio pubblico. Ma non è un’impresa facile.

D- Puntare sul miglioramento del trasporto pubblico può essere un modo per educare i cittadini e allontanarli dalla vecchie abitudini di mobilità?

R- Si, sicuramente. Vanno messi in campo tutti gli strumenti possibili. Bisogna rendere un po’ più difficile la vita agli automobilisti, soprattutto nelle città. Ma bisogna anche migliorare l’offerta del servizio pubblico e educare i cittadini a una mobilità diversa, non solo con l’uso dei mezzi pubblici. C’è anche una grande fetta di mobilità non motorizzata che nei paesi europei del nord è molto rilevante, differentemente da quanto avviene in Italia, dove trova spazio in piccole città del nord, in particolare in Emilia Romagna o in Veneto. In Germania, Danimarca e Olanda, la bicicletta assorbe il 20% degli spostamenti totali.

D- Crede che la bicicletta sia un mezzo utilizzabile, a livello pratico, in una città come Roma dove le distanze sono enormi e dove la struttura stessa della metropoli non è regolare?

R- E’ vero, non è semplice pedalare a Roma, non solo per il tracciato, spesso in pendenza, ma anche per le distanze. Tuttavia in Italia abbiamo condizioni climatiche più favorevoli rispetto agli altri paesi europei. La struttura della città incide sicuramente, ma quando parliamo di bicicletta intendiamo anche la bicicletta con pedalata assistita, quindi credo che si possano adottare politiche di promozione. Inoltre, ci sono alcune città italiane che, attraverso politiche di “noleggio incentivato delle biciclette” e “acquisto incentivato della bicicletta elettrica”, hanno raggiunto livelli di impiego molto interessanti. Capisco che non è cosa semplice muoversi per Roma con le due ruote, ma almeno per le brevi percorrenze potrebbe essere utilizzata. I dati dicono che per gli spostamenti fino a 2 Km, per il 35% dei casi si fanno ancora in automobile. Forse questo dato può essere migliorato, sia per decongestionare il traffico, sia per la salute. Le campagne di sensibilizzazione potrebbero essere proficue se mostrassero i vantaggi di uno spostamento fatto con un mezzo alternativo alla macchina, come il risparmio ambientale, economico e un guadagno tutto in salute.