SAPPE: "Suicidi in carcere dopo quello di Roma a rischio centinaia di detenuti"

redazione

Dopo il suicidio a REGINA COELI del detenuto sospettato dell’omicidio del gioielliere del quartiere Prati, si sono accesi per un momento i riflettori sul carcere per verificare le modalità con cui il detenuto si sarebbe ucciso.

Così in maniera “eclatante” si è scoperto che il detenuto era sottoposto a grande sorveglianza e che quindi le colpe erano da scaricare sugli agnelli sacrificali delle carceri e cioè la polizia penitenziaria.

Eppure un merito questo episodio l’ha avuto, poiché permette di denunciare che suicidi come quello avvenuto a Roma potrebbero capitare in qualsiasi prigione della nazione, in quanto i detenuti sottoposti a grande sorveglianza sono molti ed il personale per controllarlo è praticamente inesistente.

Con un pezzo di carta in cui viene scritto un ordine di servizio  con le prescrizioni da seguire per vigilare su un detenuto a grande sorveglianza, l’amministrazione penitenziaria si scarica di qualsiasi responsabilità, e chi se ne importa se un solo agente deve vigilare su 150,200 detenuti di cui molti presenti nel pezzo di carta.

Tanto se va bene, tutto normale, se va male il responsabile è pronto per la cottura.

Federico Pilagatti, segretario nazionale SAPPE