Benefici per chi si arruola negli Alpini

Paola Fusco

 Benefici di carattere fiscale e "corsie preferenziali" nei concorsi per gli impieghi nel settore della sicurezza e della protezione civile in arrivo per chi si arruola nel glorioso corpo delle penne nere, proveniente dalle regioni dell’arco alpino e dalle altre regioni tipiche di reclutamento alpino. Il testo unificato approvato dalla commissione Difesa della Camera per gli incentivi ai volontari in ferma nel corpo degli alpini è pronto per passare al vaglio dell’aula. "Manca solo il parere della commissione Bilancio, e poi, dopo la pausa estiva, il provvedimento potrà essere calendarizzato per l’aula", ha spiegato all’Adnkronos il parlamentare della Lega Giovanni Fava, relatore della legge. E’ stato necessario trovare un compromesso fra la proposta di legge depositata dal Carroccio, e quella che successivamente è stata presentata dal centrodestra, con primo firmatario lo stesso presidente della commissione Difesa di Montecitorio Edmondo Cirielli. Troppo distanti, infatti, le posizioni tra la Lega e gli alleati in fatto di incentivi economici: il Carroccio proponeva di decuplicare il bonus per chi si arruola negli alpini, facendolo lievitare dagli attuali 50 euro in più al mese previsti dalle norme in vigore, a 500 euro mensili. Alla fine si è scelto di lasciare inalterato il bonus economico fissato in 50 euro in più al mese in busta paga per le penne nere, ma di dare alle Regioni la facoltà di riconoscere ai volontari in ferma prefissata che risiedono nel territorio regionale benefici fiscali ed assistenziali e riserve di posti nei concorsi per gli impieghi riguardanti attività di sicurezza e di protezione civile. Anche il possesso di brevetti di alpinismo, sci e soccorso in montagna, attestati e abilitazioni in campo alpino, l’adesione ad organizzazioni di volontariato, in elenchi o albi di protezione civile previsti a livello regionale e delle Province autonome, costituiscono, secondo il provvedimento approvato dalla commissione Difesa della Camera, titoli di preferenza nei concorsi per l’arruolamento dei volontari in ferma prefissata annuale. Inoltre, le nuove norme prevedono l’istituzione, da parte del ministero della Difesa, del “brevetto militare alpino”. Una volta ultimato il servizio nel corpo degli alpini, i volontari provenienti dalle regioni dell’arco alpino e dalle altre regioni tipiche di reclutamento alpino (come quelle che insistono nell’area appenninica, ad esempio) possono chiedere di entrare a far parte di una riserva costituita su base volontaria dall’Associazione nazionale alpini. Questa task force può essere attivata in caso di calamità nazionale ed è a disposizione della Protezione civile, delle autorità regionali, provinciali e comunali di protezione civile delle regioni dell’arco alpino eventualmente colpite da disastro. La permanenza in questa speciale riserva, però, non può essere prolungata oltre il quarantesimo anno di età. L’Associazione nazionale alpini, inoltre, promuove, d’intesa con il ministero della Difesa, il reclutamento volontario nei reparti delle truppe alpine, e riceverà, per questo scopo, un contributo di 200mila euro l’anno da un apposito fondo istituito dal ministero della Difesa. Convinti sostenitori del provvedimento i parlamentari della Lega: la progressiva professionalizzazione del personale militare dopo l’abolizione della leva obbligatoria, spiegano nel partito di Bossi, "ha profondamente modificato l’identità del Corpo degli alpini". Tradotto in parole povere, significa che da qualche tempo sempre più numerosi sono i volontari che provengono dalle regioni del Mezzogiorno e sempre meno invece quelli che vengono da quelle zone del Paese che hanno alimentato il mito delle brigate Julia, Cadore, Taurinense e Tridentina.