100 Paesi firmano contro le bombe a grappolo

Tiziana Montalbano


Un centinaio di paesi ha avviato ieri a Oslo il processo di firma di un trattato che vieta le bombe a grappolo (cluster bombs). Alla cerimonia per la firma (che si concluderà oggi) non partecipano i maggiori produttori di questi ordigni: Stati Uniti, Russia e Cina. ”Il mondo è un luogo più sicuro oggi – ha detto il copresidente della Coalizione contro le bombe a grappolo, organizzazione che raccoglie circa 300 ong, Richard Moyes -. È l’accordo umanitario più importante dell’ultimo decennio”. Tra i paesi firmatari ci sono Francia, Gran Bretagna, Germania e Canada. L’accordo, firmato anche dall’Italia, mette al bando la produzione, l’utilizzo, lo stoccaggio e il commercio delle bombe a grappolo e obbliga i firmatari ad aiutare i paesi e le persone vittime di questi ordigni. Le cluster bomb possono contenere diverse centinaia di piccole bombe che si disperdono su di un vasto perimetro, ma non esplodono tutte, trasformandosi di fatto in mine antiuomo, proibite dalla Convenzione di Ottawa del 1997. Secondo Handicap International, circa 100 mila persone, il 98% civili, sono state uccise o mutilate in tutto il mondo dal ’65 per l’esplosione di tali ordigni. Più di un quarto delle vittime sono bambini, attirati dalla forma e dal colore. Il paese più colpito al mondo è il Laos, che è stato il secondo a firmare il trattato, dopo la Norvegia padrona di casa. Fra il ’64 e il ’73, l’aviazione Usa scaricò sul territorio laotiano 260 milioni di cluster bomb. L’efficacia del trattato di Oslo è fortemente limitata dalla mancata firma dei principali produttori e utilizzatori di questi ordigni: Stati Uniti, Russia, Cina, Israele, India, Pakistan. Il dipartimento di stato Usa ha spiegato ieri che non firmerà perché ”una proibizione delle bombe a grappolo formulata in maniera così generale metterà in pericolo le vite dei nostri uomini e delle nostre donne e quelle dei nostri partner nella coalizione”.