Agrigento, ospedale sotto sequestro

Paola Fusco
L’ospedale di Agrigento, sequestrato oggi dalla Guardia di Fnanza per "grave rischio sismico", era stato inaugurato solo cinque anni fa, nel giugno del 2004. Ma ha una storia lunga quasi trent’anni. Il progetto di base, infatti, fu approvato dalla Cassa del Mezzogiorno nel novembre del 1983. In totale furono stanziati quasi cento miliardi di lire. Il primo lotto, quello delle "degenze nord", fu approvato nel novembre del 1983, ed e’ stato ultimato dodici anni dopo, nel giugno del 1995. Il via libera per il secondo lotto, quello delle "degenze ovest", e’ arrivato nel marzo dell’ 88, ma e’ stato ultimato undici anni dopo, nel maggio del 1999. Ma nel 1998 furono affidati i lavori di ampliamento e completamento, ultimati nel dicembre nel 2002. Un mese prima erano stati portati a compimento i lavori complementari per la riorganizzazione funzionale. Il trasferimento degli uffici amministrativi e della direzione generale e’ avvenuto nel 2001, mentre l’ ultimo reparto, il Pronto soccorso, si e’ trasferito alla mezzanotte tra il 2 e il 3 giugno del 2004, il giorno dell’ inaugurazione. I lavori veri e propri cominciarono il 21 settembre del 1987 e durarono per 16 anni. Ma quello del San Giovanni di Dio non sarebbe un caso isolato. La riqualificazione degli ospedali italiani, mirata a renderli sicuri e a prova di terremoto nelle zone piu’ vulnerabili della Penisola, "procede in maniera lenta e parziale". A riconoscerlo e’ stato Guido Bertolaso, a capo della Protezione civile, intervenendo i primi di giugno all’ audizione in Commissione d’ inchiesta sull’ efficacia ed efficienza del Ssn sulle condizioni strutturali degli ospedali collocati in zone a rischio sismico. Allora Bertolaso aveva parlato di "non meno di 500" nosocomi italiani situati in queste aree. Il vertice della Protezione Civile ha individuato nelle "zone dell’ arco appenninico e nel Meridione, eccezion fatta per la Sardegna", le aree piu’ a rischio. In passato, ha ricordato il numero uno della Protezione civile, sono stati stanziati 65 mln di euro e successivamente 234 mln per la messa in sicurezza delle strutture strategiche del territorio. Fondi che sono stati utilizzati per eseguire oltre "7.000 verifiche" su edifici strategici: non solo ospedali, dunque, "ma anche Prefetture, questure, caserme dei vigili del fuoco, scuole, edifici per anziani. E sono stati fatti i primi interventi di riqualificazione". Si tratta di fondi che, tuttavia, "non sono stati sufficienti". Basti pensare che solo sul fronte degli edifici scolastici "bisognerebbe verificare 15 mila strutture. E’ importante ora – ha sottolineato Bertolaso – avere disponibilita’ finanziaria per poter procedere". E’ previsto lo stanziamento di un miliardo di euro per la verifica non solo degli ospedali, ma di tutte quelle strutture che risultano strategiche in situazioni d’ emergenza, "e per la loro messa in sicurezza". Non solo, in una successiva audizione, tenutasi il 15 luglio, Bertolaso ha precisato che su 200 ospedali il 75% non sarebbe in grado di resistere a una scossa di 6.5 gradi, e il 50% potrebbe essere danneggiato da una di 5.5. Di fronte a una situazione simile, lo stesso Bertolaso ha riconosciuto che per mettere in sicurezza dal rischio sismico, ma anche vulcanico e idrogeologico le strutture del nostro Paese "ci vorrebbero decine di leggi finanziarie tutte insieme. Ma occorre iniziare – ha concluso il numero uno della protezione Civile – piuttosto che fermarsi a polemizzare".