Carcere Regina Coeli: aggrediti tre poliziotti

Redazione

 “Le violenti aggressioni di questa mattina nel carcere romano di Regina Coeli, con tre poliziotti feriti da un detenuto eritreo – giudicabile per il reato di resistenza e lesioni – impongono di affrontare con serietà le criticità e le tensioni che ogni giorno sono costretti a subire i poliziotti penitenziari. Ai colleghi contusi va naturalmente tutta la nostra vicinanza e solidarietà, ma ci domandiamo quante aggressioni ancora dovrà subire il nostro Personale di Polizia Penitenziaria perché si decida di intervenire concretamente sui gravi problemi penitenziari. Ma non è certo con la circolare voluta da Giovanni Tamburino, Capo dell’Amministrazione Penitenziaria,  con cui si propongono una serie di misure per alleggerire l’emergenza carceraria che si risolvono questi problemi. Tutt’altro: quella nota è una resa dello Stato alla criminalità”.
Dura presa di posizione di Donato CAPECE, Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE (il primo e più rappresentativo della Categoria), sulle aggressioni avvenute questa mattina nel carcere romano di Regina Coeli.
“Pensare a un regime penitenziario aperto; a sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria, relegata ad un servizio di vigilanza dinamica che vuol dire porre in capo ad un solo poliziotto quello che oggi lo fanno quattro o più Agenti, a tutto discapito della sicurezza e mantenendo la fattispecie penale della colpa del custode; ebbene, tutto questo è fumo negli occhi” aggiunge Capece. “La realtà penitenziaria è che nelle carceri ci sono 45mila posti letto e nelle celle sono invece stipate 67mila persone; che la Polizia penitenziaria ha settemila agenti in meno, che i Baschi Azzurri non fanno formazione ed aggiornamento professionale perché l’Amministrazione evidentemente ha altro a cui pensare, come anche per le conseguenze di quell’effetto burn out dei poliziotti determinato dall’invivibilità di lavorare in sezioni detentive sistematicamente caratterizzate da eventi critici – suicidi, tentati suicidi, aggressioni, risse, atti di autolesionismo, colluttazioni. Non ha fatto niente il DAP, su tutto questo. Anziché gettare fumo negli occhi e consegnare di fatto le carceri italiane all’autogestione dei detenuti, ci dicano come si fa il servizio dinamico nelle grandi carceri, ad esempio Roma Regina Coeli dove 1.100 persone detenute sono stipate lì dove la capienza regolamentare è di 700 posti letto!”.