GdF, operazione “casseforti segrete”

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   La Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Vicenza ha recentemente portato a conclusione un’articolata attività investigativa, avviata sulla base di alcuni elementi sospetti rilevati durante un’ispezione fiscale svolta nei confronti della società Conceria Gherber S.p.a., con sede in Arzignano, recuperando complessivamente a tassazione elementi reddituali pari a circa 18 milioni di euro. L’azienda conciaria, che riveste una posizione di assoluto rilievo nel contesto industriale di riferimento, caratterizzata da un volume d’affari dichiarato di oltre 30 milioni di Euro, risultava, infatti, essere stata ceduta, nel 2000, dai due cugini A.R. e F.P. che l’avevano gestita per anni per essere acquistata da una fantomatica società estera, la Leather International S.A., con sede dichiarata nel Granducato del Lussemburgo. La circostanza è immediatamente apparsa sospetta agli investigatori che, per far luce sui reali rapporti di gestione e controllo della società italiana, hanno esteso il raggio delle indagini a livello internazionale. Grazie anche alla collaborazione stabilita con gli organi collaterali dell’Amministrazione Finanziaria lussemburghese, è stato possibile risalire alla vera proprietà della Leather International, costituita esclusivamente dagli stessi A.R. e F.P., come detto, già proprietari al 100% della Conceria Gherber. I due imprenditori non avevano fatto altro, in questo modo, che interporre una persona giuridica di diritto estero nonché una società fiduciaria italiana nel rapporto di proprietà delle quote azionarie dell’impresa società che, di fatto, continuavano a possedere e gestire. Lo schermo fornito dalla società lussemburghese ha consentito, inoltre, di far confluire all’estero i proventi extra-bilancio dell’attività di impresa svolta in Italia. A rendere ancor più complessa la ricostruzione della reale struttura di controllo della Leather International S.A., i militari operanti hanno appurato che la stessa aveva deliberato un aumento del capitale sociale, attraverso l’emissione di azioni “privilegiate” (cioè prive del diritto di voto) per 3,5 milioni di Euro, sottoscritte da una società fiduciaria sedente in Gran Bretagna. Anche in questa circostanza, i finanzieri sono riusciti ad accertare che i reali sottoscrittori delle azioni erano sempre i due soci “storici” della Conceria Gherber, avvalendosi, in questa occasione, di una società fiduciaria di diritto inglese. L’attività investigativa, svolta sotto la direzione del Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza – Dott. Giorgio Falcone, ha consentito di appurare che la società lussemburghese interposta era, in realtà, amministrata direttamente in Italia da parte dei due titolari e, riconducendone la sede effettiva ad Arzignano, è risultata essere soggetto passivo d’imposta secondo la legge italiana. In capo alla società esterovestita, da considerarsi “evasore totale”, sono stati contestati, dunque, redditi mai dichiarati al Fisco per circa 2 milioni di Euro. Nel corso delle indagini, i militari del I Gruppo del Nucleo PT sono riusciti ad rintracciare i conti correnti ed i depositi costituiti all’estero dai due citati imprenditori, a mezzo dei quali sono stati occultati capitali espatriati per decine di milioni di Euro. L’attività effettuata nei confronti dei due soci-imprenditori ha permesso di ricostruire i maggiori redditi percepiti e mai dichiarati, pari a circa 10 milioni di Euro complessivi (per gli anni dal 2002 al 2007). Nel periodo di attuale crisi, appare particolarmente significativo che i due imprenditori conciari continuassero a disporre di un vero e proprio “tesoretto” nascosto all’estero e costituito da rilevantissime disponibilità finanziarie, cioè denaro depositato presso conti correnti o rapporti a loro riconducibili, nonché da titoli partecipativi (azioni) delle società estere attraverso cui mantenevano il controllo della Conceria Gherber. La consistenza effettiva delle predette disponibilità detenute all’estero e mai indicate nelle dichiarazioni fiscali presentate, in violazione alla vigente normativa sul monitoraggio fiscale, per un’entità complessiva accertata, sino al 2007, nell’ordine di milioni di Euro. Dall’analisi dei rapporti bancari accesi all’estero, molti dei quali ubicati presso istituti di credito siti in paradisi fiscali (Belize, Bahamas, Svizzera, Lussumburgo e Principato di Monaco), sono emersi ulteriori elementi significativi. L’entità degli investimenti accesi è risultata, infatti, superiore a quella derivante dalla redditività “ufficiale” dell’azienda conciaria. Si è proceduto, dunque, a ricostruire i reali volumi d’affari movimentati dalla Conceria Gherber, recuperando a tassazione, in capo alla società, redditi per oltre 6 milioni di Euro. In questo contesto, i verificatori del Nucleo PT di Vicenza hanno scoperto che anche la Conceria Gherber, come molti altre aziende già individuate nell’ambito dell’operazione “Dirty Leather” – indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Vicenza e già balzata alle cronache nello scorso autunno – rientrava tra gli utilizzatori di fatture per operazioni inesistenti emesse da società “cartiere”, interposte nei rapporti commerciali con taluni fornitori extracomunitari, al fine di evadere l’IVA. I militari hanno accertato che la Conceria Gherber, nell’anno 2007, aveva acquistato alcune consistenti partite di pellame provenienti dalla Spagna, per un importo di circa 1,5 milioni di Euro, attraverso una società interposta avente sede in provincia di Perugia. Anche in questa circostanza, è stato verificato che la società “filtro” operava acquistando le merci all’estero – in esenzione d’imposta – per poi rivendere le stesse pelli sul mercato nazionale, applicando l’IVA che non veniva, però, mai versata. L’azienda conciaria acquirente ha ricevuto il riconoscimento, in questo modo, di un credito d’imposta che non sarebbe apparso se avesse acquistato le stesse merci direttamente dal fornitore estero. Nel corso delle indagini poste in essere nei confronti della Gherber, i finanzieri hanno rilevato, inoltre, che per alimentare quella parte dell’attività che aveva generato dei redditi percepiti “in nero” dai soci, l’azienda era sistematicamente ricorsa a prestazioni di lavoro straordinario concesse dai dipendenti ai quali venivano distribuiti dei compensi “fuori busta” (fino a 30 ore di straordinario mensile per ciascun dipendente), mai computati ai fini contributivi e previdenziali, per un imponibile complessivo di oltre 1 milione di Euro. In capo al datore di lavoro sono stati, inoltre, rilevate violazioni in materia di ritenute fiscali non operate né versate per circa 250.000 Euro. Le Fiamme gialle hanno acclarato che le somme per le retribuzioni “fuori busta” transitavano attraverso i conti esteri dei titolari dell’impresa e ritornavano in piccoli importi in Italia mediante la spedizione di un corriere. Il denaro contante necessario per pagare il lavoro “nero” di ogni mese veniva quindi depositato all’interno di una cassetta di sicurezza di una banca di Arzignano e periodicamente ritirato da un funzionario della Gherber. Nel giorno di paga, un dipendente della conceria era poi addetto alla consegna manuale ai singoli operai degli importi relativi alle prestazioni lavorative rese “in nero” da ciascuno. Sono stati compiutamente identificati circa 60 dipendenti irregolari (molti dei quali, sentiti in atti, hanno confermato le preliminari ipotesi investigative) e, conseguentemente, è stata interessata la Direzione Provinciale del Lavoro, che ha inviato i propri ispettori per i controlli del caso. Il servizio ha determinato, in sintesi, la segnalazione all’A.G. di 4 persone individuate come responsabili di reati fiscali, di cui al D.Lgs. 74/2000, e violazioni penali connesse all’impiego di manodopera irregolare. Sono stati segnalati, inoltre, agli Uffici finanziari elementi reddituali per circa 18 milioni di Euro, IVA per circa 2 milioni di Euro e le irregolarità valutarie commesse omettendo l’indicazione delle disponibilità estere nelle dichiarazioni fiscali presentate dalle persone fisiche. Tale ultima violazione determina l’applicazione di una sanzione amministrativa commisurata dal 5 al 25% degli importi non dichiarati per ciascun anno d’imposta.