GdF: Trapani, finti matrimoni tra donne italiane e immigrati tunisini per ottenere permessi di soggiorno. 11 responsabili denunciati

Oriol De Luca

Finti matrimoni tra giovani donne italiane e immigrati tunisini allo scopo di far ottenere a quest’ultimi permessi di soggiorno praticamente immediati e senza troppi problemi, grazie ai quali potersi poi spostare agevolmente su tutto il territorio nazionale nonché su quello dell’Unione europea.
Questo è quel che hanno scoperto i finanzieri del Comando Provinciale di Trapani i quali – al termine di un’operazione chiamata “Paraninfo” – hanno denunciato 11 persone delle quali 5 sono donne (4 di nazionalità italiana e una tunisina), nonché 6 uomini, tutti di nazionalità tunisina, dei quali 4 furono già arrestati nel 2017 durante un’altra operazione che le fiamme gialle trapanesi condussero sempre nel settore dell’immigrazione clandestina, nonché in quello del contrabbando di sigarette.
Il core business dell’organizzazione, come accennato sopra, consisteva nel combinare finti matrimoni tra immigrati tunisini e compiacenti ragazze italiane le quali, in cambio della somma di 1.000 euro (come da loro stesse confessato ai finanzieri) con tanto di presenza di testimoni attestavano la loro volontà a contrarre matrimonio civile nei riti officiati da Pubblici Ufficiali presso i Municipi di Campobello di Mazara, Castelvetrano, e Ribera, tutto ciò allo scopo di far ottenere a migranti altrimenti clandestini un facile permesso di soggiorno.
Nell’ambito dell’organizzazione scoperta dalla GDF c’era ovviamente chi si occupava di reclutare le donne consenzienti con cui organizzare le fittizie unioni civili, ruolo che veniva ricoperto da una coppia di coniugi composta da un residente di origini tunisine e dalla consorte della provincia trapanese. Ovviamente, come accertato in sede d’indagine, i finti sposi e le finte spose “prezzolate” non avevano alcun tipo di rapporto, continuando come prima ad avere vite completamente diverse e separate.
Sulla losca quanto squallida vicenda, i finanzieri hanno altresì accertato che i migranti tunisini versavano per tale “servizio” 15.000 dinari tunisini (corrispondenti a circa 5.000 euro), oppure assicurando la propria disponibilità a detenere e rivendere sigarette di contrabbando provenienti dalla Tunisia, o finanche prestarsi nel condurre i gommoni veloci utilizzati per i trasporti di migranti clandestini dalle coste dello stesso paese africano sino a quelle mazaresi.