La GdF sventa una maxitruffa

Tiziana Montalbano

  

La Guardia di Finanza di Città di Castello, dopo due anni di indagini, ha scoperto una frode fiscale e un complesso sistema illegale in danno del bilancio nazionale per la concessione di un contributo di 154.000 euro. Tutto era partito da una verifica fiscale eseguita nei confronti di una società, operante nel settore della produzione vinicola e riconducibile ad una cittadina sudamericana, utilizzata come prestanome, che acquistava grosse partite di vino e di prodotti enotecnici dalla Spagna per destinarli successivamente al Portogallo mediante l’utilizzo di fatture false. In realtà i prodotti erano stoccati in diversi depositi situati a Perugia ed Umbertide dove venivano successivamente venduti completamente in nero ad operatori del settore. La Guardia di Finanza ha rilevato che sono stati oltre 200 mila gli accessori per prodotti enologici quali cantinette, decanter, termometri, cavatappi, set assaggi ed altri oggetti professionali per sommelier oltre a 2.400 bottiglie di vino spagnolo “riserva”  venduti in poco tempo e in totale evasione d’imposta. La società verificata è risultata essere totalmente sconosciuta al fisco e, nel corso degli anni, ha sottratto all’imposizione oltre 19 milioni di euro. I successivi approfondimenti svolti dalle fiamme gialle hanno poi focalizzato l’attenzione su di un’altra società, sempre operante nel settore vinicolo e collegata a doppio filo alla precedente, che aveva richiesto l’erogazione di un contributo al F.A.R. (Fondo per l’assistenza alla ricerca scientifica) del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica per uno studio sulla “produzione di prodotti medicamentosi a base di vino con proprietà terapeutiche”. Proprio la motivazione del progetto – vino terapeutico – aveva messo in allarme le Fiamme Gialle che dopo approfonditi riscontri hanno smascherato la truffa organizzata dalla ditta tifernate avvalendosi della consulenza di una società di Perugia, iscritta all’albo del  Ministero e specializzata nel settore della ricerca. È stato così facile aggirare tutti i controlli ministeriali e presentare progetti di ricerca usufruendo di un canale preferenziale di approvazione che non prevedeva nessun obbligo aggiuntivo. Attraverso l’accurato esame documentale e l’esecuzione di controlli mirati nei confronti di altre aziende i finanzieri hanno dimostrato il coinvolgimento nell’illecito di un’ulteriore società, sempre del perugino, i cui responsabili erano legati a persone della società di ricerca da stretti vincoli familiari. Proprio quest’ultima azienda, certificata e accredita nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, aveva emesso le fatture false che erano state poi presentate al Ministero per giustificare i costi del progetto facendo da “sponda” per ripartire fra le altre due imprese sia le spese fittizie sia il contributo statale. I finanzieri hanno alla fine provato che la ricerca scientifica era un bluff  tant’è che anche la società di ricerca aveva ricevuto parte del contributo statale, incamerato sulla base di fatture false, trovando le prove che il denaro pubblico era stato invece utilizzato per acquistare attrezzature varie per potenziare, a spese dello Stato, la produzione del vino. Cinque le persone denunciate alla Procura della Repubblica di Perugia e sei le società coinvolte. I reati contestati sono associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e frode fiscale. Contestualmente sono state avviate le procedure di sequestro per equivalente dei beni.