Organizzazioni criminali e immigrazione clandestina: il punto di vista operativo

Gian Luca Berruti e Stefano Serafini

A poco meno di un anno dalla sigla del trattato bilaterale fra Italia e Libia, nel quale è stata sancita una volontà comune di porre fine, o quantomeno di limitare, le innumerevoli traversate di barconi carichi di immigrati clandestini dal Paese africano verso l’Italia, ci si domanda quali siano stati i risultati scaturiti dall’accordo e come lo stesso sia stato poi effettivamente tradotto sotto il punto di vista prettamente operativo. A questa domanda tentiamo di rispondere partendo direttamente dalle informazioni che abbiamo attinto dagli operatori di polizia che si occupano del fenomeno, in questo specifico caso i militari della Guardia di Finanza. Il Corpo, che unitamente alla Marina Militare, è da anni fortemente  impegnato a contrastare il fenomeno, consegnò nel maggio 2009 alla Marina Libica sei guardacoste della classe “Bigliani” allo scopo di potenziarne la flotta destinata alla sorveglianza marittima anti-immigrazione. I guardacoste della classe “Bigliani” sono imbarcazioni molto robuste, caratterizzate da una buona tenuta del mare, un’ottima strumentazione elettronica per la navigazione e potenti propulsori diesel che permettono di raggiungere una velocità di 43 nodi. In buona sostanza, si tratta di mezzi navali fra i più idonei per questo particolare servizio ove la rapidità e la precisione di intervento, unita alla possibilità di navigare anche in condizioni meteomarine avverse, rivestono un ruolo determinante per la migliore riuscita di tali missioni operative. Precedentemente alla consegna delle imbarcazioni, il Corpo si impegnò anche nell’organizzazione di un corso di addestramento in favore di 43 militari libici (di cui 13 Ufficiali), svoltosi presso la Scuola Nautica di Gaeta e, successivamente, inviò in Libia un Contingente composto da 24 finanzieri, con il compito di operare a stretto contatto con i colleghi d’oltre Mediterraneo. Quanto ai risultati ottenuti in circa un anno, non si può certo confutare come gli arrivi di clandestini via mare siano notevolmente diminuiti. L’ultimo significativo sbarco, circa un centinaio di immigrati, è avvenuto il 21 marzo scorso e, precedentemente a questo, se ne erano registrati pochi altri (cinque o sei), ciascuno rappresentato da piccole imbarcazioni con a bordo 10/12 persone, perdipiù provenienti dalla Tunisia e sbarcate non a Lampedusa ma a Linosa. In considerazione di ciò, è facile comprendere come uno dei punti di forza della collaborazione italo-libica sia stato l’invio del Contingente della Guardia di Finanza, grazie al quale è stato possibile effettuare numerosi respingimenti di imbarcazioni cariche di clandestini prima che le stesse giungessero al largo. Una imbarcazione in precarie condizioni, come quelle solitamente utilizzate per le traversate clandestine, rappresenta una concreta possibilità che qualcuno degli occupanti perda la vita in mare aperto com’è già accaduto tante, troppe volte, ed è proprio questa la prima preoccupazione che hanno gli uomini del Servizio Aeronavale del Corpo chiamati a questo tipo di attività, ma non solo. Forse non è noto a tutti come il traffico di esseri umani dall’Africa verso l’Europa sia spesso gestito da vere e proprie organizzazioni criminali che estorcono ogni avere di questi sfortunati migranti, per poi metterli nelle mani di ‘scafisti’ senza scrupoli i quali (nei migliori dei casi) sono pronti ad abbandonarli al loro destino, anche in mare aperto. Nonostante il dispositivo di sicurezza aeromarittimo interforze rimanga senza dubbio imponente e l’attenzione operativa non sia affatto diminuita col passare dei mesi, è opinione conclamata che il comune sforzo fra i due Paesi stia fornendo risultati più che confortanti, sia pur nella consapevolezza che l’arrivo della buona stagione potrebbe dare nuovo impulso al fenomeno.