Papa Francesco e la guerra, non cadiamo nella logica di Cappuccetto Rosso

Lorenzo Della Corte

Nell’ultimo numero de La Civiltà Cattolica il direttore, padre Antonio Saponaro, ha riportato le parole pronunciate dal  Santo Padre in occasione dell’incontro, tenuto il 19 maggio scorso, presso il Palazzo apostolico con i direttori delle riviste culturali europee della Compagnia di Gesù.

L’intervento di Bergoglio sull’opportunità di analizzare nel suo complesso l’attuale crisi ucraina, senza dover dividere in buoni e cattivi, ha prodotto non poche reazioni. A tal proposito, durante il colloquio, Papa Francesco ha illustrato ai propri ospiti le linee guida che una rivista cattolica deve perseguire per produrre una comunicazione efficace e proattiva.

«La Compagnia di Gesù non deve essere interessata a comunicare idee astratte. È interessata, invece, a comunicare le esperienze umane attraverso idee e ragionamenti: esperienza, dunque. Le idee vengono discusse – ha tenuto a precisare il Santo Padre – e la discussione è cosa buona, ma per me non è sufficiente. È la realtà umana che si discerne. Il discernimento è quel che conta veramente. La missione di una pubblicazione gesuita non può essere solamente quella di discutere, ma deve essere soprattutto quella di aiutare il discernimento che porta all’azione».

Un’informazione che non deve, dunque secondo il Papa, rimanere astratta ma un’informazione impregnata di empirismo e concretezza. Un modello comunicativo che non ha il fine di rimanere immaginario, ma che deve smuovere, attivare. Una comunicazione che possa condurre alla consapevolezza e, di conseguenza, all’azione. Informare attraverso le riviste, per Bergoglio, deve essere come lanciare una pietra in uno stagno poiché «se si lancia una pietra, le acque si agitano, tutto si muove e si può discernere. Ma se invece di lanciare una pietra, si lancia un’equazione matematica, un teorema, allora non ci sarà alcun movimento, e dunque nessun discernimento».

Proprio a proposito di empirismo, al Santo Padre è stato chiesto come si dovesse affrontare la questione ucraina e, sul punto, il Pontefice ha sottolineato che nel commentare questa guerra ci si dovrebbe allontanare dal «normale schema Cappuccetto Rosso», dove c’è la certezza che vi sia necessariamente un buono e un cattivo. Questo perché la situazione in Ucraina, secondo il Papa, è decisamente più complessa rispetto a quanto i mass mediavogliano far credere e solo attraverso un’analisi più approfondita, che prenda in considerazione entrambe le ragioni e i punti di vista, è possibile possedere un quadro più completo della faccenda.

«Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro» ha sentenziato il Papa che, ricordando un colloquio avuto con un «saggio Capo di Stato» poco prima dell’inizio dell’Operazione Speciale, ha tenuto a precisare che l’invasione ordinata da Putin non era qualcosa di distopico, bensì una prospettiva plausibile poiché le mosse della Nato stavano dirigendo in quella prospettiva il Cremlino. 

«[il Capo di Stato] Mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: “Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro”. Ha concluso: “La situazione potrebbe portare alla guerra”».

Papa Francesco, pronunciando queste parole, era consapevole che avrebbe potuto essere frainteso, ma ciononostante ha ritenuto importante esporsi in favore della complessità e della pace, in quanto compito degli organi di comunicazione cattolici è quello di far emergere «il dramma umano della guerra».

Il Santo Padre, pensando che qualcuno potesse associarlo a posizioni filorusse, ha chiarito che non solo non è a favore del presidente Putin ma che, inoltre, «sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli».

Ragioni geopolitiche, commercio d’armi, questioni politiche e finanziare, questi sono gli interessi in gioco in Ucraina e queste le motivazioni che non permettono al popolo ucraino, secondo Francesco, di vivere in pace e di dover sopportare eroicamente un’invasione che li vede eroi e martiri.

Il Pontefice, in questo dialogo coraggioso, ha perseverato nel proprio cammino rivoluzionario, non scendendo a patti con la banalità e la semplificazione, ma delineando un percorso che possa condurre, attraverso analisi articolate delle dinamiche in atto, ad una pace giusta. Francesco, che è «pastore di popoli e non chierico di Stato» – come ha ricordato al patriarca Kirill – sa bene dov’è la ragione, riconosce – e lo dichiara – chi è l’aggressore e chi è la vittima, ma nonostante questo non si arrende all’idea che non si debbano esaminare le ragioni, seppur non giustificabili, di quel che sta accadendo affinché non si perseveri lungo la strada che ci ha già condotto alla dichiarazione della «terza guerra mondiale a pezzi e bocconi».                           Lorenzo Della Corte