Terni: un Call Center tutto in nero

Stefano Serafini

Un call center, che per svolgere la propria attività impiegava oltre 900 fra lavoratori in nero e irregolari, è stato scoperto dai finanzieri del Comando Provinciale di Terni che hanno al contempo constatato un omesso versamento di I.V.A. superiore a 1.000.000 di euro, oltre a ritenute IRPEF e previdenziali, non operate o non versate, per circa un 1.700.000 euro.

Il call center oggetto di verifica da parte delle Fiamme Gialle ternane era operante in Lombardia ma con sede nella città umbra, presso la quale rende servizi per un’importante società telefonica.

L’attività di verifica effettuata dai militari della Guardia di Finanza e si è incentrata sulla corrispondenza del corretto inquadramento del rapporto d’impiego delle persone che, a vario titolo, hanno svolto attività di operatore telefonico presso lo stesso call center.

A tal riguardo i finanzieri hanno sentito direttamente, o mediante questionario recapitato presso private abitazioni, oltre 150 persone. In larga parte giovani anche in situazione di prima occupazione.

Dalle risultanze investigative emerse è stato però evidenziato come i lavoratori dell’impresa  verificata fossero inquadrate come collaboratori occasionali, ovvero impiegati in lavori a progetto, mentre gli investigatori hanno dimostrato che le maestranze prestavano la propria attività lavorativa in veste di veri e propri “lavoratori dipendenti”.

Gli stessi lavoratori, infatti, erano assoggettati a orari ben predeterminati, inseriti completamente nel ciclo organizzativo dell’impresa, privi di qualsiasi autonomia rispetto all’azienda e con un ben preciso vincolo di subordinazione rispetto a questa.

Il meccanismo evasivo messo in luce dagli uomini della Guardia di Finanza si basava sull’utilizzo di risorse lavorative – da associare a particolari vantaggi fiscali e previdenziali – inquadrando fittiziamente i rapporti di lavoro come “occasionali” mentre, in realtà, si trattava di rapporti dipendenti.

In relazione a ciò sono stati contestati 861 casi di non corretto inquadramento del rapporto di lavoro (configurando con ciò l’impiego di lavoratori in nero) mentre per altri 81 casi è stato accertato che l’attività svolta dai dipendenti era oggetto di dichiarazioni per ore e compensi diversi dal reale.