Social network, communities, blog, forum: con l’avvento del Web 2.0 cosa è cambiato per i professionisti dell’informazione chiamati ad informare in maniera corretta e referenziata sui temi della salute? E’ possibile realizzare una comunicazione efficace in ambito healthcare senza ascoltare la Rete e confrontarsi con essa? Per discutere di questi e altri aspetti, Merck Serono S.p.A., affiliata italiana di Merck, ha riunito ieri a Roma esponenti del mondo della comunicazione, dell’Healthcare e del biotech in occasione dell’’incontro “Biotecnologie ed Innovazione in Medicina sul Web 2.0. Fonti di informazione, fruitori, linguaggi”.
“Le applicazioni del Web 2.0 sono diventate uno strumento sempre più importante per la discussione ed il confronto sui temi legati alla salute – ha spiegato Antonio Tosco, Direttore Health Outcomes & Market Access di Merck Serono S.p.A.: i nuovi media altamente interattivi hanno cambiato i modelli di fruitore, le aspettative dei fruitori stessi e, ovviamente, anche i linguaggi. Di fronte a questi stravolgimenti, come si deve comportare il giornalista che si occupa di temi Healthcare? L’informazione giornalistica sulla salute risponde ancora ai bisogni dei suoi fruitori? E come ci si può adeguare a questi nuovi bisogni senza tradire la propria "mission" professionale e continuando a garantire un’informazione corretta? Nell’incontro di oggi abbiamo voluto provare a rispondere a questi interrogativi, con l’aiuto di esperti e studiosi del Web 2.0”.
Questi gli spunti di riflessione emersi dal dibattito
1. Linguaggio dei Social vs corretta informazione: perché entrano in conflitto
“Sul web, così come sui social – ha dichiarato Federico Mello, Giornalista del programma televisivo Ballarò e blogger Huffington Post – tutto tende a funzionare seguendo le dinamiche del feedback. On line ogni cosa è infatti misurabile: le visite, i ‘mi piace’, i retweet, i commenti, i follower, le condivisioni, i preferiti. Inoltre, molti mattoni di comunicazione (che siano un post o un tweet), mostrano in maniera plateale al navigatore il loro grado di popolarità, facendo scattare così il tipico‘effetto BandWagon’, ovvero “Guardo quel video perché lo stanno guardando tutti”. Se a queste constatazioni – ha proseguito il Dottor Mello – aggiungiamo il fatto che ogni testata digitale ha numerosi strumenti (analisi dei flussi di traffico, risposta dei social network, link in entrata, ecc…) per poter analizzare i feedback dei suoi contenuti, ecco che il rischio di compromettere una corretta informazione è dietro l’angolo. All’obiettivo di informare, infatti, si sostituisce quello di raccogliere visite. A tutt’oggi comunque una informazione al contempo efficace, completa e ‘virale’ è possibile, ma risulta impossibile – ha concluso Mello – realizzare un buon servizio agli utenti se l’obiettivo di qualsiasi impresa editoriale rimane la caccia ai click. Questo naturalmente vale ancora di più per alcuni campi delicati dell’informazione, come quella medico-scientifica.”
2. Tecnologie digitali: come è cambiato il modo di raccontare e condividere l’esperienza della malattia
“Oggi le conversazioni online sulla salute, la malattia e le terapie – ha spiegato Cristina Cenci, Senior Consultant Eikon Strategic e curatrice del Blog Digital Health, Nòva Il Sole24Ore – consentono di condividere con altri ‘pazienti come me’ le paure, le aspettative, gli effetti dei farmaci. Questo cambia radicalmente la percezione e il percorso della malattia. Nel momento della cura, le discussioni online contribuiscono all’aderenza terapeutica ma anche a determinare effetti placebo e nocebo dei farmaci. Quando la malattia è cronica, le comunità online offrono quel supporto che mai nessun sistema sanitario o network di caregiver è mai riuscito ad offrire prima. La sfida allora per la comunicazione e i media – ha concluso la Dott.ssa Cenci – è ascoltare il discorso sociale online e acquisire la consapevolezza che il racconto di malattia non può essere scientificamente avalutativo, ma deve avere senso e significato dal punto di vista del soggetto. Serveempatia narrativa, bisogna trovare il giusto linguaggio e le metafore adeguate per comunicare questi temi partendo dall’ascolto di quello che si condivide in rete, un osservatorio fondamentale delle esigenze e delle rappresentazioni collettive.”
3. Gli italiani e l’informazione sulla salute in Rete: usi e consumi
“I trend degli ultimi 10 anni mostrano una crescente sensibilità al tema salute – ha sottolineato Stefania Fregosi, Direttore delle ricerche quantitative Dipartimento Salute GfK Eurisko. – Il paziente diventa sempre più attento, sensibile, competente, con una conseguente ‘espansione’ delle pratiche di salute: aumentano infatti i comportamenti ‘preventivi’, cresce la popolazione attenta. In questo nuovo contesto la ricerca di informazioni appare centrale e sembra ridefinire la tradizionale relazione medico-paziente (medico informato, paziente passivo). Internet diventa un luogo cruciale per cercare e condividere informazioni ed esperienze. Come noto, cresce esponenzialmente negli ultimi 10 anni la quota degli internauti (dall’11 al 68% degli Italiani maggiorenni) ed aumenta in modo consistente la percentuale di chi si informa sulla salute nel web: circa l’85% degli utenti, infatti, ha cercato informazioni sulla salute sui siti Internet e quasi il 30% ha partecipato a discussioni di salute su blog, forum, chat.1 In questa prospettiva – ha spiegato la Dott.ssa Fregosi – appare cruciale per chi opera nel settore della salute cogliere la sfida e far fronte ai bisogni del «cittadino-paziente internauta».Si tratta di una sfida a due livelli: da un lato riguarda i servizi al cittadino (Come dare risposta ai bisogni di competenza e confronto? Quali servizi, quali strumenti offrire al cittadino? Come assicurare un’informazione garantita nel web?), dall’altro riguarda la relazione medico-paziente, ovvero come «ri-definire» un nuovo tipo di relazione che legittimi e valorizzi il bisogno di protagonismo e consapevolezza del paziente nella gestione della propria salute (così importante nel determinare il successo della cura), senza mettere in difficoltà il ruolo del medico a cui il paziente vuole e continua ad affidarsi.”
4. Comunicare il valore del biotech: l’esperienza di Farmindustria
“Le biotecnologie sono oggi la frontiera dell’innovazione in Italia – ha affermato Agostino Carloni, Direttore Comunicazione, Stampa e Studi Farmindustria. Se ci soffermiamo sul solo settore Salute, abbiamo 3.900 addetti in R&S, 199 aziende del farmaco biotech, 88% degli investimenti in R&S sul totale effettuati dall’industria del farmaco, 145 farmaci biotecnologici oggi disponibili nel mondo e 303 progetti in fase di ricerca e sviluppo. Grazie alla ricerca farmaceutica sempre più biotech – prosegue Carloni – sono migliorate molte terapie esistenti e individuati nuovi trattamenti per malattie finora ritenute senza cura.
Per questo Farmindustria, nell’ultimo anno, ha avviato una serie di eventi per una maggiore informazione sulla realtà biotech. Esempi di questo impegno sono diversi progetti che hanno i giovani come target di riferimento come Geni a bordo:la scienza viaggia in Camper, format di divulgazione itinerante realizzata negli istituti superiori italiani, e la collaborazione con Wired attraverso video, infografica e social network.”