Fondazione Ania: con sentenza di Roma si volta pagina

Paola Fusco

  “È la prima volta che in Italia il responsabile di un incidente stradale, al volante in stato psicofisico alterato, viene dichiarato colpevole di omicidio volontario. – ha dichiarato Sandro Salvati, presidente della Fondazione ANIA per la sicurezza stradale commentando la sentenza emessa dal Gup di Roma relativa al giovane che lo scorso 22 maggio nella capitale travolse e uccise due fidanzati in scooter – Come tutti i commentatori hanno sottolineato, questa sentenza scrive un nuovo capitolo nella storia della sicurezza stradale, poiché segna una svolta storica e un senso di discontinuità con il passato. Non sta a noi esprimere pareri giuridici. Noi possiamo solo rinnovare il nostro profondo senso di dolore e pietà per tragedie che distruggono tutti, vittime e colpevoli. Ma sul piano sociale e della sicurezza che riguarda tutta la collettività, è giusto ribadire che, la sentenza in questione rappresenta  una pietra miliare della giurisprudenza in tema di sicurezza stradale. Ogni anno sulle strade italiane muoiono più di 5.000 persone. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il 30% delle vittime è causato da automobilisti alla guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In generale, oltre il 50% delle vittime dipende dai comportamenti. – continua Salvati – Si tratta di fatti gravissimi, in cui i conducenti, come nel caso di Roma, hanno tenuto una condotta che provoca morti e feriti. Alla luce di questi dati, che purtroppo si commentano da soli, riteniamo che la sentenza capitolina e la posizione di estrema fermezza assunta dalla magistratura, possano costituire anche un forte deterrente per quanti si mettono al volante in uno stato psicofisico alterato o per quanti adottino condotte di guida del tutto sconsiderate. La sicurezza stradale deve essere un valore in una società civile e moderna. Questa sentenza mostra una forte sensibilità per questi valori e un giusto principio di deterrenza. Come collettività dobbiamo trarne le conseguenze in termini di comportamenti di noi tutti e applicare sempre la regola che chi guida non beve e chi beve non guida. La condanna per omicidio volontario introduce per la prima volta nel nostro Paese il concetto di ‘dolo eventuale’ del conducente, ovvero, di responsabilità in capo a chi, sotto l’effetto di alcol e droghe, con la sua condotta di guida, trasforma scientemente l’auto in un’arma impropria, con l’altissima probabilità di provocare delle vittime. Riteniamo questa sentenza estremamente significativa anche perché diviene automaticamente uno strumento di prevenzione, in quanto trasferisce nella collettività la percezione della certezza della pena”.