Tensione nel carcere di Imperia: contusi 2 detenuti albanesi

Roberto Imbastaro

“Nel primissimo pomeriggio è scoppiata una rissa nella sala socialità del penitenziario tra alcuni detenuti – albanesi da un lato, italiani dall’altro: c’è stato un contatto, 2 albanesi sono rimasti contusi e solo il pronto intervento del personale di Polizia Penitenziaria addetto alla sorveglianza ha evitato conseguenze più gravi”, spiegano Donato Capece e Roberto Martinelli, segretario generale e segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE (il primo e più rappresentativo della Categoria). "Già qualche giorno fa, durante l’ora d’aria, un detenuto italiano ed uno albanese erano arrivati allo scontro fisico e solo il pronto intervento dell’Agente di servizio ha evitato pericolosissime conseguenze che neppure vogliamo immaginare. Mi sembra evidente che tra alcuni dei ristretti delle due nazionalità vi sono problemi di coabitazione. Ma cos’altro dovrà accadere o dovrà subire il nostro Personale di Polizia Penitenziaria perché ci si decida ad intervenire concretamente sulle criticità di Imperia? La carenza di personale di Polizia Penitenziaria – 10 Agenti in meno negli organici, il pesante sovraffollamento (erano circa 120 i detenuti presenti ad Imperia il 29 febbraio scorso, dei quali il 60% circa gli stranieri, rispetto ai 69 posti letto regolamentari), con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate e soprattutto di coloro che in quelle sezioni detentive svolge un duro, difficile e delicato lavorato, come quello svolto dai poliziotti penitenziari.”

Il SAPPE evidenzia come “il fatto che i detenuti non siano impiegati in attività lavorative o comunque utili alla società (come i lavori di pubblica utilità) favorisce l’ozio in carcere e l’acuirsi delle tensioni. Ricordo a me stesso che, secondo le leggi ed il regolamento penitenziario, il lavoro è elemento cardine del trattamento penitenziario e «strumento privilegiato» diretto a rieducare il detenuto e a reinserirlo nella società. In realtà, su questo argomento c’è profonda ipocrisia. Tutti, politici in testa, sostengono che i detenuti devono lavorare: ma poi, di fatto, a lavorare nelle carceri oggi è una percentuale davvero irrisoria di detenuti, con ciò alimentandosi una tensione detentiva nelle sovraffollate celle italiane fatta di risse, aggressioni, suicidi e tentativi suicidi, rivolte ed evasioni che genera condizioni di lavoro dure, difficili e stressanti per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria”.